Ci sono ancora aziende con sede nell’Unione europea che commerciano in alcuni fra gli strumenti e le tecnologie più sinistri al mondo, utilizzabili per torturare e giustiziare le persone. L’ultimo rapporto di Amnesty International e Omega Research Foundation ne analizza la vergognosa portata.
Tali attività continuano a causa di lacune nella normativa europea vecchia di un decennio volta a limitare il commercio di questi beni. “L’Europa ha fatto molta strada verso la fine del ripugnante commercio in alcuni fra gli strumenti e le tecnologie più sinistri al mondo che possono essere utilizzati per torturare e giustiziare le persone”, ha dichiarato Marek Marczynski, direttore del programma militare, di sicurezza e polizia di Amnesty International.
“Ma come mostra questo nuovo rapporto, permangono notevoli scappatoie. Ciò significa che le aziende possono ancora trarre profitto dalla miseria umana, nonostante i divieti e i controlli già in atto. Se l’Europa intende seriamente assumersi la responsabilità di sradicare la tortura e abolire la pena di morte, deve colmare queste lacune con urgenza.”
Dal 2006 nell’Unione Europea vieta il commercio di attrezzature che potrebbero essere utilizzate per torturare o eseguire condanne a morte. Ma il regolamento dell’Ue ha dei limiti gravissimi e la sua attuazione è irregolare da parte dei membri dell’Ue. Negli ultimi anni l’Unione europea ha cercato di occuparsi di queste carenze, anche ampliando enormemente le liste dei beni vietati o controllati. La Commissione europea ha presentato ulteriori proposte per il rafforzamento del Regolamento, che sono ora al vaglio degli stati membri e del Parlamento europeo. Amnesty International e Omega sostengono molte di queste proposte e ne sollecitano l’adozione.
Tuttavia, il nuovo rapporto delle organizzazioni identifica le lacune ancora esistenti in queste proposte, che potrebbero tuttora consentire alle imprese europee di:
- negoziare la vendita e il trasferimento di attrezzature di sicurezza a paesi terzi, a condizione che gli affari sono condotti al di fuori dell’Ue e gli apparecchi non toccano il suolo europeo;
- promuovere apertamente apparecchiature precedentemente vietate – come letti rete (gabbie costruite nella struttura di un letto), dispositivi che danno la scossa sul corpo o manette che legano i detenuti a oggetti fissi – in occasione di fiere ed esposizioni di armi dell’Ue, nonché su internet;
- immettere sul mercato attrezzature di sicurezza per la polizia – come pistole, manganelli e scudi stordenti scariche elettriche – completamente inadeguate per far rispettare la legge;
- fornire la polizia e le forze militari di assistenza tecnica appropriata, compresa la formazione in tecniche che in alcuni casi potrebbero facilitare la tortura e altri maltrattamenti;
- introdurre nuove tecnologie e dispositivi sul mercato, anche se questi apparecchi possono essere utilizzati nella pena di morte, nella tortura o in altri maltrattamenti.“Anche se le proposte della Commissione sono importanti, non riescono ad affrontare in modo efficace una serie di debolezze cruciali e di scappatoie del Regolamento e del connesso regime di controllo. Se questi problemi non vengono affrontati direttamente ora dagli stati membri dell’Unione europea e dal Parlamento europeo, questa rara opportunità di rafforzare complessivamente il regime di controllo e di colmare le lacune che possono essere sfruttate da commercianti senza scrupoli sarà persa”, ha dichiarato il dottor Michael Crowley della Omega Research Foundation.
“È giunto il momento per l’Unione europea di ‘prendere il toro per le corna’ e porre fine al commercio dell’Europa nella tecnologia della tortura una volta per tutte.”
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Nord America16 Marzo 2024Quando Marlon Brando rifiutò l’Oscar per Il Padrino in solidarietà con i Nativi Americani
- Nord America5 Marzo 2024Nat Turner, lo schiavo-profeta che mise a ferro e fuoco la Virginia
- Italia5 Marzo 2024“Non abbiamo bisogno di odio. Mio figlio non sarà Balilla”
- Africa4 Marzo 2024I sudafricani bianchi che hanno lottato contro l’apartheid