Tornare a scuola dopo un anno di Ebola

Kenie ha circa 12 anni. È rimasto orfano di madre qualche tempo fa e vive con un padre molto anziano che lavora saltuariamente come muratore. Passa la giornata per strada, lavorando in maniera occasionale e aiutando il padre e i suoi due fratelli a sopravvivere. Nonostante voglia ricominciare a frequentare le lezioni, Kenie non può permettersi di abbandonare la famiglia.


Durante la crisi dell’ebola, le scuole in Sierra Leone sono state chiuse fino al 14 aprile. Dallo scoppio dell’epidemia che ha colpito l’Africa occidentale un anno fa, il paese si è trovato a fare i conti con oltre 12000 persone contagiate e 3832 morti. La decisione del governo di riaprire le scuole è la dimostrazione di come il virus sia stato ormai arginato e non rappresenti più un ostacolo per il ritorno alla normalità. Le conseguenze dell’epidemia in Sierra Leone sono enormi. La pausa forzata, ha allontanato dai banchi di scuola per quasi un anno un’intera generazione. Le conseguenze socio-culturali ed economiche che i sierraleonesi dovranno affrontare nel corso del tempo sono ancora difficili da stabilire. Ma di certo ci vorrà un significativo lavoro da parte delle istituzioni locali e una risposta coordinata a livello  internazionale per assicurare un’appropriata ricostruzione del paese e garantire il diritto all’istruzione ad ogni bambino.

L’intervento di Street Child, dopo una prima fase di lavoro mirata ad arginare l’emergenza da un punto di vista sanitario, è focalizzato sul rientro a scuola del maggior numero di bambini possibile. Secondo dati pubblicati dall’associazione stessa, ammonterebbero ad oltre 12mila i bambini rimasti orfani a causa del virus e per gran parte di questi il ritorno a scuola rimane una prospettiva distante.

foto di Street Child Italia
foto di Street Child Italia

Sono numerose le sfide ancora da affrontare. L’isolamento e il pregiudizio che circondano i malati di Ebola, sono solo alcune delle minacce sociali a cui si dovrà far fronte. Il nuovo ruolo di capofamiglia che numerosi bambini si sono trovati ad assumere dopo la morte dei genitori, impedisce loro di andare a scuola. Molti sono diventati l’unica fonte di reddito per la famiglia, e lavorare è l’unica soluzione per garantire la sopravvivenza a se stessi e ai propri cari.

Street Child lavora insieme alle istituzioni locali al fine di identificare i casi a rischio e garantire loro la possibilità di riprendere a frequentare le lezioni nonostante gli impedimenti.

Questo è quello che è successo a Kenie Bomorie, un ragazzo di cui non si sa con certezza l’età, ma si pensa abbia tra i 12 e i 13 anni. Kenie è rimasto orfano di madre qualche tempo fa e vive con un padre molto anziano che lavora saltuariamente come muratore. Passa la giornata per strada, lavorando in maniera occasionale e aiutando il padre e i suoi due fratelli a sopravvivere. Nonostante voglia ricominciare a frequentare le lezioni, Kenie non può permettersi di abbandonare la famiglia.

Gli operatori di Street Child si sono interessati al suo caso e, dopo aver scoperto che i due fratelli minori fanno già parte del programma, stanno ora aiutando Kenie a far si che possa ritornare  in classe e continuare a ricevere un’istruzione.

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Oltre a identificare i casi a rischio, Street Child è impeganta nella distribuzione del materiale scolastico che, nonostante gli aiuti del governo, continua a essere insufficiente. Zainetti, penne libri e divise vengono distribuite dagli operatori di fronte le scuole.

foto di Street Child Italia
foto di Street Child Italia

Inoltre, le aule, spesso, inagibili e abbandonate da mesi, non sono ancora adibite a ospitare gli studenti. I bambini e gli operatori dell’associazione, insieme a insegnanti e genitori si stanno occupando al fine di renderle nuovamente disponibili ad accogliere le lezioni.

La paura di contagio in  Sierra Leone resta alta. Nonostante non ci siano più termometri nè secchi con acqua clorinata di fronte le scuole, il timore di potersi ammalare continua a terrorizzare le famiglie e i bambini. Mantenere una distanza di sicurezza tra le persone, abitudine prima sconosciuta ai sierraleonesi, è ora diventata parte integrante della quotidianità. Nelle scuole servono più banchi, affinchè tale regola venga rispettata.

I continui rinvii effettuati dal governo in merito alla riapertura degli istituti già prevista in date antecedenti ma sempre smentita, sembra aver contribuito al clima di sfiducia generale. Alle ore 8 del 14 aprile, alla scuola primaria di Aladura, a New London, nel distretto di Bo, sono solo cinque gli studenti che si presentano a lezione, la maggior parte dei banchi restano vuoti. Fino allo scorso anno gli alunni registrati erano 365. La diffidenza e la paura sembrano essere le problematiche con cui Street Child e i suoi operatori dovranno confrontarsi nelle prossime settimane. Molti degli insegnanti che hanno ricevuto la formazione dall’organizzazione si stanno già occupando di andare casa per casa a sensibilizzare e rassicurare le famiglie sulla necessità di mandare a scuola i figli e sull’assenza di rischi di contagio. Il lavoro da fare in Sierra Leone  per assicurare che il maggior numero possibile di bambini riprenda a ricevere un’educazione è ancora lungo e complicato, ma la presenza di Street Child sul territorio è ben radicata e l’entusiasmo, nonostante tutto, non manca.


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