Il Ruanda abbraccia Stromae, nel nome del padre

Il cantante belga Stromae ha terminato il tuor mondiale con un concerto che rimarrà nella storia. Davanti a ventimila persone in estasi, Stromae ha incantato Kigali, la capitale del Ruanda. Un concerto che è stato prima di tutto riconciliazione con la storia: il padre di Paul Van Haver (questo il suo vero nome) è una delle centinaia di migliaia di vittime del genocidio del 1994. I biglietti del concerto, che sono stati venduti per circa 2,4 euro, sono finiti nel giro di pochissimo tempo e la performance è diventata virale nei social media, con migliaia di tweet da tutto il continente.

Stromae, per alcuni critici il Jacques Brel del XXI secolo, avrebbe dovuto cantare a Kigali nello scorso giugno ma per problemi di salute ha dovuto cancellare varie date del tour. Dopo più di tre mesi il concerto si è fatto, per la gioia di ruandesi ed emigrati, giovani e anziani. La visita più importante dopo Obama, hanno scritto i giornali locali. Stromae mancava dal Ruanda da oltre vent’anni. “Sono felice di essere qui”, ha detto in conferenza stampa. “E’ abbastanza strano che io possa identificare me stesso con la maggior parte delle facce che vedo qui”.

Sul cantare Papaoutai, hit mondiale che in realtà nasconde un grido verso il papà ucciso in guerra ha detto: “Mi sono chiesto se sia difficile o meno cantare la canzone. Poi in poco tempo l’aspetto professionale ha preso il sopravvento detto: ‘Beh, la canterai così come l’hai cantata per qualsiasi tipo di pubblico in tutto il mondo’. Se ad un certo punto verserò una lacrima, vorrà dire che sarà il cuore a parlare”.

E infatti, come scrive il quotidiano belga Le Soir, prima di asciugarsi una lacrima sul palco Stromae ha fatto la sua dedica speciale: “Ho intenzione di fare qualcosa che non ho mai fatto in due anni di tour, vorrei fare una grande dedica al mio papà: grazie papà, grazie papà, grazie papà”.

Pubblichiamo il commento di una giornalista ruandese che ha avuto il privilegio di partecipare al concerto.

La febbre di Kigali per Stromae di Hope Azeda, The Kigalian

Mentre si agitava e cantava sul palco, chiedendosi dove fosse suo padre, Stromae improvvisamente ha alzato le braccia in aria e si è fermato, quindi un silenzio totale ha trafitto i cieli di Kigali lasciando solo una macchia bianca su di lui. Mentre le urla taglienti riempivano l’aria, lui con tatto ha condotto la folla verso un minuto di silenzio per il suo defunto padre.

“Papà è lì”, ha detto mentre indicava verso l’alto.

La sua voce ipnotica ha improvvisamente innescato un pesante ritmo di battiti techno, con gli effetti visivi e la forte illuminazione che scadenzavano i movimenti dei presenti. Per così consumare la folla come se la ferocia dell’inferno stesse scendendo dal cielo.

Merci, Stromae. Sei venuto e ti sei dato.

Hai anche risvegliato i muscoli del mio zoppo francese; mi sono lasciata manovrare mentre cantavo quasi in silenzio “papawute… wute… papawute” e “oh ooooo fisamidabure!”

Come se stessi maneggiando platino, oro, argento e quant’altro, hai fatto un gran lavoro nel miscelare i livelli, hai abbattuto i muri delle classi sociali e trasformato l’intera situazione in una felicità collettiva.

E voi, bambini! Siete diventati stelle e avete bruciato più calorie dello stesso Stromae. Avete urlato, siete caduti, avete corso, saltato e ballato. E questa vostra euforia sincopata ha costretto i vostri genitori a poggiare birre e sigarette e mettersi a inseguirvi come polli senza testa, sperando che non vi faceste lesioni a vita in nome di Stromae.

Stromae, hai fatto quello che dovevi fare: hai lavato la serata con l’innocenza.

Merci turemondi!


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