di Tahar Lamri
Il finto dibattito che si è scatenato – soprattutto in Italia – sui fatti di Colonia e che artificiosamente oppone un presunto occidentale senza qualità (che non difende la propria donna, “sacra” a detta di un direttore di giornale) a un presunto immigrato, in particolare musulmano, senza qualità (che vuole stuprare la donna “proprietà” del primo), tende a minare dalle fondamenta l’antirazzismo come valore fondante della società.
Il neo direttore di La Stampa Maurizio Molinari pubblica un editoriale dal titolo “Da dove viene il branco di Colonia” con un linguaggio semplice e chiaro ma molto violento stravolge appositamente tutti i dati storici di una vasta regione geografica per diffondere odio e diffidenza.
Repubblica invece assolda un intellettuale algerino (gli intellettuali algerini sono diventati di moda e vengono investiti da una credibilità d’ufficio perché sfruttano il passato dramma del popolo algerino causato dal terrorismo) Kamel Daoud per rispondere alle voci di donne di sinistra che si sono elevate contro l’uso delle donne per diffondere razzismo, diffidenza e odio, con una subdola logica di bassa lega: “Lo dicono anche loro quindi state zitte!”
Il 10 gennaio 1994, Lorena Bobbitt viene processata per l’evirazione del marito John. Mentre si celebrava il processo che doveva affrontare il dramma della violenza domestica, l’attenzione era tutta rivolta a John perché John faceva ridere. John era diventato, nel frattempo, una star porno e stava girando il film “John Wayne Bobbitt: Uncut” (uncut: non tagliato, non circonciso o non censurato). Il pubblico, diventato spettatore, assisteva alle udienze indossando magliette con la scritta “Love Hurts” (L’amore fa male). John aveva persino fondato un gruppo musicale dal nome Severed Parts (Le parti amputate). Insomma facendo ridere divenne famoso e fece dimenticare il nocciolo della questione. La violenza.
Qualcuno vuole la guerra civile.
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