La guerra dei confini e dei gamberoni tra Francia e Italia

di C. Alessandro Mauceri

Continuano gli scontri tra Italia e Francia riguardanti i confini territoriali. Nei mesi scorsi a finire sui giornali fu la disputa per il possesso del valico di frontiera in prossimità dell’accesso al ghiacciaio del Gigante dal rifugio Torino. Ora la lite si è spostata in mare.

I confini marittimi tra Italia e Francia e i relativi diritti di pesca erano regolamentati da un documento le cui origini risalgono al 1892. Nel 2011, l’Italia ha creato una zona di pesca esclusiva i cui confini erano stabiliti provvisoriamente “in attesa degli accordi di delimitazione con la Francia”. Ma, seppure senza grandi clamori, a marzo del 2015, Francia e Italia hanno sottoscritto un trattato con il quale regolamentavano la convenzione generale sui confini.

In base a questo accordo l’Italia accettava di definire “aree di mutuo scambio” alcune zone di mare a nordovest e a sudest della Corsica. In altre parole l’Italia cedeva un pezzetto di mar Ligure in cambio di uno di mar Tirreno. Una modifica apparentemente di poco conto. Almeno così devono aver pensato gli incaricati del ministero degli Affari esteri della Difesa, dell’Ambiente, dello Sviluppo economico, delle Politiche Agricole e persino dei Beni culturali che lo scorso anno, erano presenti alla stipula del trattato.

Nessuno di loro ha pensato alle conseguenze che avrebbe causato il fatto che l’accordo sottoscritto tra i due paesi prevede sì la libera circolazione dei pescherecci tranne nella zona di mare dove più fruttuosa è la pesca dei gamberoni. Una zona che i francesi non a caso hanno rivendicato di uso esclusivo: “Onde evitare che il presente accordo pregiudichi le tradizioni dei pescatori professionali dei due paesi, le parti concordano, quale intesa di vicinato, di lasciare ai pescherecci costieri italiani e francesi esercitare un’attività sui luoghi di pesca tradizionali situati all’interno di una zona definita…”. Lo spostamento dei confini riguarda infatti la cosiddetta “fossa del cimitero”, una zona che, come sanno bene i pescatori della zona, è il paradiso per la pesca dei gamberoni rossi.

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L’accordo non è ancora stato ratificato dall’Italia. A farlo è stata solo la Francia le cui autorità, nei giorni scorsi, proprio sulla base di questo accordo, hanno sequestrato il Mina, un peschereccio italiano, che navigava nelle acque marittime al largo di Ventimiglia. Alla fine equipaggio e imbarcazione sono stati rilasciati. Ma solo dopo il pagamento di una cauzione di 8mila e 300 euro (somma che, per assurdo che possa apparire, il tribunale ha preteso non fosse pagata mediante assegno circolare firmato dall’armatore Ciro Lobasso – è stato necessario effettuare un bonifico sulla cassa degli avvocati francesi e, solo dopo il ricevimento della somma richiesta, è stato possibile procedere).   

Improvvisamente tutte le autorità politiche si sono svegliate dal letargo durato quasi un anno: il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ha tuonato: “Non sapevamo nulla, è inaudito! Ci hanno scippato un pezzo di mare senza dirlo, cioè una risorsa che è turistica ed economica, dà lavoro e garantisce sviluppo. Perché? Gentiloni dovrà fornire adeguate spiegazioni”. Un’affermazione alla quale il Ministero degli Esteri ha risposto blandamente: “Non sappiamo se ci sono interessi particolari dietro allo scambio”.

Intanto pare che ad essere danneggiate dalla decisione del governo non saranno solo le imprese che si occupano della pesca del gambero: a subire grossi danni saranno anche i pescatori di pesce spada,  le cui flotte navigano fino a questa zona di mare dalla Toscana, dalla Sardegna e da altre regioni meridionali. “Buona parte delle zone di cala sono state sottratte ai nostri pescatori” ha detto Barbara Esposto, dirigente e portavoce di Legacoop. E ancora una volta, vaghe le dichiarazioni del ministero dell’Agricoltura: “Cercheremo di capire cosa è successo”, ha detto il sottosegretario Giuseppe Castiglione, “e poi chiederemo lumi agli Esteri”. “Faremo il possibile per rimediare ai torti subiti dai liguri”, ha detto il sottosegretario alle Politiche agricole: “Il trattato non è ancora stato ratificato, i margini ci sono”.

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Viste le conseguenze, la senatrice Donatella Albano ha annunciato un’interrogazione parlamentare: “Non si decidono cose così importanti senza coinvolgere il territorio”. Dello stesso avviso Alice Salvatore capogruppo in Regione del Movimento Cinque Stelle, che ha detto: “Roba da matti, nessuno ci ha detto niente. Con che cosa hanno barattato il nostro mare?”.

Un silenzio di cui è apparsa sorpresa anche Renata Briano, vicepresidente della commissione pesca della Ue: “Incredibile che non sia stato informato il territorio. E che una vicenda durata sei anni non abbia avuto nessuna eco sui media”.

Intanto, nessuno ha detto niente circa il procedimento penale nei confronti del peschereccio italiano “colpevole” di aver sconfinato: nonostante la dichiarazione rilasciata dall’europarlamentare Renata Briano e dall’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della direzione marittima della Liguria, che hanno ribadito che il peschereccio si trovava in acque italiane (dato che il trattato che modifica i confini non è ancora in vigore), le autorità francesi infatti hanno confermato l’accusa nei confronti del Mina e del suo comandante.


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