di Alessandro Pagano Dritto
(Twitter: @paganodritto)
(*Immagine di copertina: Fayez Serraj, parlamentare della HOR di Tobruk nominato Primo Ministro del futuro governo unitario libico dalle Nazioni Unite. Attualmente presiede il Consiglio Presidenziale, che di recente ha scelto 32 ministri in attesa di approvazione proprio dal parlamento orientale. Fonte: www.iltempo.it)
Ottenute le nomine dei 32 possibili ministri dal Consiglio Presidenziale presieduto da Fayez Serraj, a sua volta futuro Primo Ministro, si attende adesso che il parlamento libico orientale le ratifichi e dia quindi inizio alla nuova fase, quella unitaria, della vicenda politica e bellica libica. Eppure tutti e tre i poli politici nazionali non mancano di motivi che potrebbero mettere in dubbio il pronto esito positivo dell’operazione: se infatti quella di Tripoli è l’opposizione più scontata, nemmeno lo stesso Consiglio Presidenziale e la stessa Tobruk si sono rivelate immuni da potenziali difficoltà.
Il 19 gennaio 2016 il Consiglio Presidenziale libico riunito a Tunisi ha stabilito una lista di 23 ministri che dovrebbero costituire il futuro governo libico di unità nazionale: il primo ministro rimarrà quello stabilito già in ottobre dalle Nazioni Unite, ovvero l’ex deputato della House of Representatives (Casa dei Rappresentanti, HOR) Fayez Serraj.
Ora la parola passerà proprio alla camera della Libia orientale, che dovrà approvare i nomi ricevuti e rendere quindi fattiva la proposta di governo unitario diventando di per se stessa la prima camera delle nuove istituzioni.
In tutta questa teoria non mancano le incertezze pratiche, cosicché non sembra ancora detto che entro la fine di gennaio o gli inizi di febbraio venga sicuramente costituito un governo unitario; che si ponga, tra l’altro, come interlocutore unico della comunità internazionale.
Il Consiglio Presidenziale: temporaneamente insediato a Tunisi, affronta due defezioni.
Partendo proprio dal Consiglio Presidenziale che si riunisce a Tunisi nell’attesa che le autorità esecutive possano
raggiungere Tripoli in tutta sicurezza, la stampa libica ha sottolineato più volte come numerosi dissidi sembrino essere nati al suo interno per la nomina delle cariche. In particolare le divisioni sarebbero state nette circa il trattamento da riservare al comandante dell’esercito orientale Khalifa Hafter, la cui posizione nei riguardi del dialogo mediato dalle Nazioni Unite è rimasta ambigua fino a dicembre: solo poco tempo prima della firma dell’accordo del 17 dicembre 2015 pare che il presidente della United Nations Support Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia, UNSMIL) Martin Kobler riuscisse infatti, in visita al Generale nel suo quartier generale di Marj, nella Libia orientale, a recuperare l’appoggio dell’uomo d’armi.
Due componenti hanno fino ad ora abbandonato il Consiglio: Ali Gatrani e Omar Aswad. Gatrani, descritto dal Libya Herald come vicino al Generale Hafter, lasciava il 18 gennaio dichiarando la propria contrarietà alla rimodulazione dei vertici militari nelle strutture unitarie, mentre Aswad ha contestato in una conferenza stampa successiva al suo abbandono le nomine degli stessi ministri, che gli sarebbero apparse in alcuni casi dettate più da motivi di nepotismo e familiarità che non di merito: nella conferenza e in alcune dichiarazioni rilasciate al Libya Herald Aswad ha anche obiettato il numero dei ministri nominati, 32, che a suo dire sarebbe stato innalzato dall’originaria decina per i suddetti motivi con la divisione – evidentemente giudicata non necessaria dall’uomo politico – di alcuni ministeri.
I giornalisti Maggie Michael e Rami Musa, della Associated Press, hanno descritto in un loro lancio alcune delle personalità di questo governo provvisorio, per le quali si possono in parte integrare alcuni ritratti o alcune notizie comparse sulla stampa nazionale libica: il proposto Ministro delle Comunicazioni, Khaled Nejm, ricoprirebbe la stessa carica nell’attuale parlamento orientale; di origini orientali, ma questa volta militari, sarebbe il proposto Ministro della Difesa Mahdi al Barghathi, mentre avrebbe connessioni con gli ambienti islamisti, e quindi difficilmente vicini a Tobruk, il proposto Ministro dell’Interno Aref al Khoga. Il Libya Herald riporta che quest’ultimo sarebbe stato criticato dal sindacato della polizia libica proprio per questi suoi presunti legami, il che potrebbe già essere un problema nell’ottica della necessaria ricostruzione delle forze armate regolari del paese. Un altro articolo dello stesso sito d’informazione accredita invece il candidato alla Difesa come capo della Brigata carristi 204, che è stata parte delle operazioni militari guidate da Hafter a Bengasi. Una posizione, questa, che lo metterebbe al riparo da ogni sospetto di filoislamismo, ma che comunque non farebbe contenti nemmeno i più vicini sostenitori di Hafter, col quale Barghathi pare non avrebbe un grande rapporto: sarebbe invece amico di uno dei maggiori oppositori del Generale nel suo stesso campo, ovvero il leader delle Petroleum Facilities Guards (Guardie delle strutture petrolifere, PFG) Ibrahim Jathran.
[Per approfondire sul rapporto tra Khalifa Hafter e Ibrahim Jathran: Cronache libiche, Milizie orientali contengono lo Stato Islamico, ma la coalizione militare sembra a rischio, 6 gennaio 2016]
La HOR all’ennesima prova del voto.
Nemmeno all’interno della HOR le acque sono tranquille. Il parlamento orientale ha infatti fallito, dopo il 17
dicembre, tutta una serie di incontri che avrebbero dovuto stabilire l’approvazione del testo degli accordi; per il quale c’erano già stati a suo tempo dei problemi riguardanti la legittimità degli inviati nella città marocchina di Skhirat dove la firma ha poi comunque avuto luogo. Gli incontri sono falliti ogni volta per la mancanza del quorum necessario alla votazione e questo anche se, a quanto pare, la maggior parte dei parlamentari orientali avrebbero aderito all’iniziativa delle Nazioni Unite. Di fatto, comunque, il Consiglio Presidenziale si è riunito anche senza l’approvazione del parlamento di Tobruk ed ora dovrebbe quindi approvare direttamente la composizione dell’esecutivo in un tempo di dieci giorni. Ancora secondo il Libya Herald, la nomina dei ministri unitari sarebbe di fatto stata coordinata con la HOR proprio per evitare sorprese dell’ultimo minuto, ma la voce pare essere ufficiosa e dunque il dubbio rimane intatto.
[Per approfondire sugli accordi di Skhirat e sulle posizioni dei due presidenti parlamentari libici: Cronache libiche, I raggiunti accordi di Skhirat e i nuovi possibili scenari, 21 dicembre 2015]
Poco dopo la metà di gennaio una nuova visita di Martin Kobler al presidente della HOR Ageela Saleh e ai boicottatori della camera stessa potrebbe aver appianato, nelle intenzioni, le ultime divergenze che riguardavano personalmente l’uomo politico e il dialogo mediato dalle Nazioni Unite: più o meno negli stessi giorni in cui a Skhirat si firmava l’accordo, Saleh si trovava infatti a Malta con il pari carica occidentale Nuri Abu Sahmain, facendo sospettare un suo attivo appoggio al dialogo alternativo. Sembrerebbe adesso che, semmai questa sia stata la concreta posizione di Saleh, la questione sia rientrata e l’uomo politico dovrebbe quindi a sua volta aver fatto ritorno nell’alveo del dialogo a mediazione internazionale: i prossimi giorni dovrebbero chiarire anche questo punto.
Il GNC «mette da parte» il dialogo alternativo, ma continua l’opposizione.
[Per approfondire sulla proposta di dialogo alternativo condotta da Tripoli in opposizione al percorso guidato dalle Nazioni Unite: Cronache libiche, L’alternativa da Tunisi, 7 dicembre 2015]
Più coerenti sembrano le posizioni del General National Council (Consiglio Generale Nazionale, GNC) di Tripoli e
del suo presidente Nuri Abu Sahmain, che invece continuano la loro azione di fronda nei confronti delle Nazioni Unite e del governo unitario che proprio nella Capitale promette di installarsi di qui a breve: l’idea di appoggio alle istituzioni internazionali espressa dai componenti del parlamento occidentale giunti in dicembre a Skhirat sembra essere veramente quella di una sostanziale minoranza o comunque appare – e, per la verità, è sempre apparsa – estranea alla dirigenza. Anche se il dialogo alternativo condotto da Tripoli sembra essere stato di fatto – per parafrasare un titolo del Libya Observer – «messo da parte», non di meno il rapporto tra le Nazioni Unite e la Capitale continua ad essere negativo, come hanno dimostrato ai primi di gennaio le incomprensioni avvenute in occasione di una conferenza stampa di Martin Kobler a Tripoli.
L’atto più evidente di contestazione del governo unitario si è avuto però quando l’esecutivo tripolino guidato da Khalifa Ghwail ha espresso la volontà di indagare – ma la stampa più ostile parla di un vero e proprio mandato di arresto – sui componenti della commissione di sicurezza stabilita proprio dal Consiglio Presidenziale di Fayez Serraj: commissione il cui presidente Abdul Rahman al Taweel è un miliziano della Libya Dawn, ovvero di quella coalizione militare che – fino alla rottura avvenuta proprio sulla questione del dialogo – univa Tripoli e Misurata contro la coalizione militare guidata da Khalifa Hafter e avvicinatasi progressivamente al governo di Tobruk.
Ad oggi il legame delle due città appare meno forte di un tempo e non è chiaro quale numero di milizie della vecchia coalizione deciderà di seguire la strada indicata da Tripoli e quale quella indicata invece da Misurata. Una premessa di quelle che potrebbero essere le difficoltà di un insediamento del governo unitario a Tripoli è venuta in occasione di un viaggio delle autorità unitarie a Zliten, scenario il 7 gennaio del più sanguinoso attentato della recente storia libica: in quell’occasione sembra – ma qui lo stesso Serraj ha minimizzato di molto i toni in un colloquio col Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni – che il convoglio nel quale viaggiava il Primo Ministro sia stato oggetto di un fallito attentato e alcuni scontri tra milizie ne avrebbero comunque ostacolato il percorso.
Sul fronte dell’appoggio militare al governo unitario e della contesa nell’ambito tra l’antiunitaria Tripoli e la filounitaria Misurata, le ultime notizie provengono dall’esecutivo di Tripoli, che avrebbe prospettato un aumento di salario a quei miliziani che si dovessero rifiutare di appoggiare l’esecutivo Serraj. Anche il viceministro della Difesa Mohammed al Naas, intervenendo in pubblico per illustrare la presenza dello Stato Islamico in Libia, ha di recente esortato i miliziani del suo ministero a non appoggiare le strutture unitarie.
Profilo dell'autore
- Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.
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