Quando di recente la Serbia ha iniziato a deportare i rifugiati verso la Bulgaria, alcuni di loro si sono ritrovati nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Ovcha Kupel, a Sofia. Jamal Anjuman (tutti i nomi dei migranti sono stati cambiati, ndr), che qualche tempo fa era riuscito a superare il confine per poi essere catturato dalla polizia serba e riconsegnato ai colleghi bulgari, ci ha raccontato di essere stato “arrestato, ammanettato e riconsegnato ai bulgari senza avere spiegazioni. Ora siamo qui senza sapere cosa fare”.
Il centro di ricezione si trova in un quartiere industriale, dove non è affatto raro trovare sui muri delle case graffiti neo-nazi e svastiche, molti dei quali presenti già da diversi anni. Quasi ogni giorno la polizia presidia il centro e controlla i migranti che lo abitano.
Dal 2014 è assente un qualsiasi piano di integrazione, sebbene l’ufficio europeo per i richiedenti asilo abbia dato le linee guida all’Agenzia di stato per i rifugiati e il governo bulgaro già dal 2013. Coloro che abitano nel centro da più tempo affermano di non ricevere il pocket money di 65 leva, già frutto di un taglio nel 2015.
Ce lo ha spiegato Nuri Rahmani, che ci ha detto di non ricevere alcun sussidio dello stato, di non ricevere denaro alcuno e di essere costretti “a pagare per quasi tutti i medicinali di cui abbiamo bisogno”.
In diversi ci hanno detto che le condizioni igieniche nelle stanze sono scadenti e per questo motivo in molti stanno avendo problemi di salute. Sebbene sulla carta i trattamenti medici e l’assistenza sanitaria sono disponibili nel centro e sia equiparato al sussidio sanitario che ricevono i cittadini bulgari, il sistema è al collasso e soffre di grandi mancanze finanziarie e materiali.
Ci sono delle irregolarità notevoli, come ci ha spiegato, ad esempio Walid Shan: “Quando siamo malati andiamo dal medico. Ma noi non abbiamo soldi e loro non hanno le medicine”.
Due volte al giorno i migranti ricevono cibo standard provvisto dall’Agenzia di stato per i rifugiati, l’ente incaricato di provvederne, e non c’è nessuna possibilità di ottenere dei pasti diversi che rispettino le diete di anziani e bambini. E durante il 2015, nei centri di Sofia e Harmanli il cibo non è bastato per tutti. Il nuovo capo dell’agenzia, Rozaliya Dimitrova, è subentrata dopo che il precedente capo, Kazakov, è stato destituito a seguito di “irregolarità” nella gestione dei fondi per il cibo destinato ai migranti dei centri.
Molti migranti non vedono futuro in Bulgaria e provano a oltrepassare il confine. 11012 di loro sono stati catturati al border con la Serbia mentre tentavano di abbandonare per sempre la Bulgaria alla ricerca di dignità nei paesi dell’Europa occidentale.
di Border Monitoring – Bulgaria
foto copertina di Dobrin Kashavelov / Unhcr
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