Non scrivete la storia come poesia, perché l’arma
è lo storico. E allo storico non vengono brividi
di febbre quando nomina le sue vittime e non sta ad ascoltare
l’interpretazione della chitarra. E la storia
è il quotidiano delle armi prescritte sui nostri corpi. “Il genio
intelligente è il potente”. E la storia
non ha alcuna compassione che ci consenta di agognare
il nostro inizio né alcuna intenzione per poter farci conoscere
quel che ci aspetta]
o quel che abbiamo alle spalle… e non ha spiazzi di sosta
accanto ai binari dove seppellire i nostri morti, da cui osservare
quel che il tempo ha fatto di noi là, e quel
che abbiamo fatto noi al tempo. Come se le appartenessimo e ne fossimo fuori.
La storia non possiede né logica né intuito che ci permetta di infrangere
quel che rimane del nostro mito dei tempi felici,
né è un mito che possiamo accettare il nostro dimorare alle porte
del giorno del giudizio. E’ dentro di noi e fuori di noi… ed una folle
ripetizione, dalla catapulta al tuono del nucleare.
Senza direzione la facciamo ed essa ci fa… Forse
la storia non è nata come l’avremmo desiderata, perché
l’Essere Umano non è mai esistito?
Filosofi ed artisti ci sono passati attraverso…
E i poeti hanno registrato la quotidianità dei loro fiori color viola
e poi l’hanno attraversata… e i poveri hanno creduto
in detti sul paradiso e sono rimasti lì in attesa…
e gli dei sono venuti a salvare la natura dalla nostra divinità
e ci sono passati. E la storia non ha
tempo per la contemplazione, la storia non ha specchi
né faccia nuda. È irreale realtà
immaginazione senza fantasia, perciò non scrivetela.
Non scrivetela, non scrivetela come poesia!
Di Mahmoud Darwish, traduzione italiana di Pina Piccolo dalla traduzione inglese di Fady Joudah, tratta dal libro “The Butterfly’s Burden, Copper Canyon Press, 200 2007 (la poesia è tratta dalla raccolta di Darwish “Non ti scusare per quel che hai fatto, 2003)
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