di Fabio Polese*
Sono passati più di 17 anni dal Good Friday Agreement, gli accordi di pace firmati nell’aprile del 1998 dal governo britannico ed irlandese e dieci da quando l’Irish Republican Army (IRA) ha annunciato l’inizio della distruzione degli armamenti. Il 28 luglio di dieci anni fa l’Ira, con un comunicato storico, annunciava l’inizio dello smantellamento del proprio arsenale. «Il comando della Oglaigh na hEireann – IRA in gaelico – ha formalmente ordinato la fine della campagna armata. Tutte le nostre unità hanno ricevuto l’ordine di deporre le armi».
La distruzione completa dell’arsenale – quasi tutto di provenienza libica -, era stata confermata il 26 settembre successivo dal generale canadese John De Chastelain, capo degli osservatori internazionali. «Siamo pienamente soddisfatti del lavoro svolto – aveva detto l’osservatore – e possiamo affermare con certezza che le armi distrutte rappresentano ad oggi la totalità dell’arsenale bellico a disposizione dell’IRA». Allo smantellamento – che non è stato mai documentato da prove visive e per questo ha creato non pochi dubbi – avevano assistito anche due sacerdoti, il cattolico Alex Reid e il metodista Harold Good. «È un evento storico», aveva detto l’allora primo ministro dell’Irlanda, Bertie Ahern. Anche l’ex premier britannico Tony Blair, aveva emesso un comunicato in cui sottolineava che la distruzione delle armi dell’Ira era «un importante passo avanti nel processo di pace».
Ma davvero l’IRA non esiste più? Il 12 agosto 2015, l’ex militante dell’Ira Kevin McGuigan, padre di nove figli, è stato ucciso a colpi di pistola davanti alla moglie Dolores vicino alla sua abitazione a Belfast. Secondo la polizia l’uccisione sarebbe da collegare ad un regolamento di conti all’interno delle organizzazioni repubblicane. McGuigan era il maggiore sospettato dell’omicidio di Gerard «Jock» Davison – un ex comandante dell’IRA – avvenuto nel maggio scorso. Un tempo, i due, erano molto legati e avevano fondato insieme il sottogruppo Azione diretta contro la droga (DAAD). Questo gruppo è sospettato di aver ucciso diversi spacciatori. Poi, dopo alcuni dissidi interni, McGuigan è stato espulso dall’IRA. Gli investigatori, fino ad ora, hanno effettuato quattro fermi – tre dei quali subito rilasciati – ma ancora non hanno potuto stabilire se l’uccisione di McGuigan sia stata ordinata da una struttura organizzata dei combattenti repubblicani.
Ancora oggi, anche se sempre più nell’ombra, continuano ad esserci gruppi armati ben organizzati e più o meno collegati con il passato. La differenza fondamentale è che non hanno più l’appoggio della maggioranza della popolazione e per questo le loro azioni sono molto rare. Ma non inesistenti. Il 1 novembre del 2012, la NEW IRA, un gruppo formato nel 2012 unendo le diverse realtà paramilitari ancora attive, ha rivendicato l’uccisione dell’agente della polizia penitenziaria David Black, freddato sull’autostrada mentre si stava recando al lavoro nel carcere britannico di Maghaberry, dove sono imprigionati ancora numerosi nazionalisti repubblicani. Nel luglio 2015, a Lurgan, una piccola cittadina a circa trenta chilometri da Belfast, una bomba è esplosa senza causare vittime. E’ stato solo un caso. Gli agenti del Police Service of Northern Ireland (PSNI) erano stati attirati nella zona di Victoria Street da una chiamata che li avvertiva della presenza di un ordigno inesploso. Ma mentre lo stavano controllando, ne è scoppiato un altro. Episodi simili, anche se le notizie non arrivano nei grandi media nostrani, si registrano con grande frequenza.
Questo libro, attraverso le storie dei protagonisti diretti, interviste e foto, prova a raccontare senza filtri la situazione attuale di una Belfast ancora ribelle. Perché, se è vero che la situazione si è tranquillizzata, in questa terra martoriata da decenni di guerra, il passato è difficile da dimenticare e la voglia di libertà è ancora incisa nel cuore di ogni repubblicano irlandese.
*Fabio Polese – Nato in provincia di Perugia nel 1984, è un giornalista e fotoreporter freelance. Oltre che dall’Irlanda del Nord, ha realizzato reportage in Libano, Kosovo, Belgio, Birmania, Thailandia, Cambogia, Vietnam e Filippine. I suoi lavori sono usciti nelle maggiori testate nazionali. E’ autore di due mostre fotografiche: Kawthoolei, scatti in zone di guerra nella Birmania Orientale e Popoli in lotta. Con Eclettica Edizioni ha già pubblicato il libro inchiesta Le voci del silenzio. Storie di italiani detenuti all’estero. www.fabiopolese.it
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