di Alessandro Pagano Dritto – Twitter: @paganodritto
Al vertice del Dialogo libico di Tunisi, che si terrà il 16 e 17 luglio, la questione militare potrebbe riproporsi come anticipazione di una Libia regionalizzata. Al di là del riconoscimento politico del Consiglio Presidenziale da parte della HOR, la sfida principale potrebbe essere far convivere una definizione univoca dell’elemento militare regolare libico con le esigenze della lotta al terrorismo e della questione Khalifa Hafter.
today, participants arrived for political dialogue meeting. looking forward to constructive and concrete discussions and recommendations -mk
— Martin Kobler (@KoblerSRSG) 16 luglio 2016
È iniziato il 16 luglio 2016 e proseguirà per tutto il 17 l’incontro, a Tunisi, tra i componenti del Dialogo libico per risolvere lo stallo della situazione. Nonostante infatti si stiano rivelando in tutta probabilità una campagna militare vincente e quindi un indubbio punto a favore del Consiglio Presidenziale di Fayez Serraj e del Governo di Accordo Nazionale da lui presieduto, i due mesi di lotta allo Stato Islamico nella cittadina di Sirte non sembrano poter promettere l’unificazione, attorno ad un nemico comune a tutte le parti, degli scenari libici: troppe questioni rimangono irrisolte altrove, a cominciare dalla questione principe, quella militare, e dagli scenari di guerra più o meno intensa nell”Est della Libia.
Chi si presenta a Tunisi: un Consiglio Presidenziale politicamente ancora precario.
Sarà questo un vertice quasi inedito per il Dialogo libico, che dovrebbe riunirsi in pratica per la
prima volta dopo l’arrivo a Tripoli del Consiglio Presidenziale il 30 marzo 2016. In realtà una prima riunione era stata invocata e ottenuta dalla House of Representatves (Camera dei Reppresentanti, HOR) di Tobruk sulla scia della contestata creazione dello State Council di Tripoli: era la fine di aprile del 2016, ma l’evento, boicottato dai rappresentanti della Capitale, aveva avuto scarso peso specifico.
Oggi il Consiglio Presidenziale, che dopo 103 giorni di permanenza nella base tripolina di Abu Sittah è finalmente riuscito a insediarsi nei palazzi governativi della Capitale lo scorso 11 luglio, si sta guadagnando un indubbio prestigio in campo sia militare che economico – è di inizio mese l’annuncio dell’unificazione delle due compagnie petrolifere nazionali di Tripoli e Tobruk – ma dal punto di vista politico sembra ancora un organismo piuttosto fragile: prima dell’insediamento ha dovuto far fronte a una crisi di governo che ha condotto all’espulsione, decisa dal Consiglio stesso, di alcuni ministri accusati di inattività; e, tra questi, non è possibile non notare come figurino alcuni posti chiave per una strategia politica di lunga durata nel paese, quali i Ministeri di giustizia, economia, industria, finanza e infine riconciliazione. Se, come ha per altro osservato in un suo recente intervento lo studioso di Libia dello European Council on Foreign Relations Mattia Toaldo, il Governo di Unità Nazionale ha nei Ministri dell’Interno e della Difesa i suoi elementi di maggior prestigio e forza in virtù dei loro collegamenti con i gruppi armati, l’azzeramento di questi ministeri potrebbe da un lato mettere in evidenza il carattere giocoforza essenzialmente militare di questo governo e dall’altro dare nuovo alibi alla fazione antiunitaria della House of Representatives (Camera dei Rappresentanti, HOR) di Tobruk, che adesso potrebbe dubitare con maggior vigore della possibilità di approvare un governo persino diverso da quello che le era stato presentato all’inizio dell’anno. Non a caso la HOR avrebbe mutato la composizione della commissione al Dialogo proprio in virtù della mutata condizione politica del paese.
HoR member Khairallah al-Tarkawi: The #HoR‘s dialogue team has changed, in line with the changed political scene
— Libyaschannel EN (@LibyaschannelEN) 13 luglio 2016
La complessa situazione militare dell’Est.
[Per approfondire sul delicato scenario di Ajdabiya: Cronache libiche, Ajdabiya, la bilancia libica, 27 giugno 2016]
A ragion veduta, dunque, lo sguardo che cercasse in Libia una risoluzione della crisi deve
allontanarsi da Sirte e dalla sola – seppur ovviamente fondamentale – questione dello Stato Islamico per volgersi piuttosto all’Est del paese e alla mai definitivamente risolta questione del Generale Khalifa Hafter, della sua biennale guerra di Bengasi dove lo Stato Islamico è solo una – e nemmeno la più importante – delle realtà in goco.
L’esercito orientale ha per il momento scelto di rimanere assente da Sirte per concentrarsi invece su quanto accade all’interno del suo territorio e, possibilmente, tentare di allargare la sua influenza anche sull’importante e strategica area di Ajdabiya, i cui vertici militari sono leali a Serraj e costituiranno in tutta probabilità la garanzia armata del funzionamento del patto di Istanbul tra le due National Oil Companies (Compagnie Petrolifere Nazionali, NOC) fino a ieri rivali e separate. Non a caso, proprio al fine di evitare nel bacino della sirtica conflittualità sul modello della Libia orientale, l’esperto di Libia dell’Atlantic Council Mohamed Eljarh ha proposto una cooperazione militare tra milizie leali al Governo di Accordo Nazionale e milizie leali a Tobruk, che dovrebbero opporsi a quei gruppi di milizie che non riconoscono il valore né dell’uno né dell’altro governo: quali, per esempio, il Benghazi Revolutionaries’ Shura Council (Consiglio Rivoluzionario della Shura di Bengasi, BRSC), le Benghazi Defence Brigades (Brigate per la Difesa di Bengasi, BDB). Si aggiunga che anche da Sirte arriverebbero voci, per un dopo Stato Islamico, di un governo militare regionale che dovrebbe però essere guidato da un personaggio capace di mettere d’accordo le varie realtà militari cittadine che stanno partecipando alla guerra in corso contro le milizie nere.
La questione militare in alcune recenti dichiarazioni di Kobler: verso un esercito regionalizzato?
Fino a qui si tratterebbe solo di proposte e idee per il futuro, se non fosse che di recente l’inviato
speciale della United Nations Support Mission in Libya (Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia, UNSMIL) Martin Kobler ha rivelato, durante una visita al Cairo, che l’idea di un esercito regionalizzato tra Ovest, Est e Sud è effettivamente in discussione all’interno degli organismi di competenza: e qui ricorre alla mente in particolare il nome del Generale Paolo Serra, italiano, consulente militare dello stesso Kobler. Il funzionario tedesco ha dichiarato in un’intervista all’Associated Press di preferire ancora la soluzione unitaria, cioè di un solo, nazionale, esercito libico; ma il fatto che l’ipotesi di un esercito decentralizzato sia al vaglio potrebbe indicare che alla dimensione nazionale ci si potrebbe arrivare magari in un secondo tempo. Bisogna capire come questa eventuale regionalizzazione della dimensione militare si adatterà alla missione delle autorità di Tripoli di ottenere il controllo politico e militare dell’intera Libia: non a caso, forse, anche tra gli analisti e gli studiosi c’è chi prende sempre più in considerazione una futura Libia decentralizzata e regionalizzata, addirittura confederata.
Sempre a proposito della questione militare, Kobler ha anche dichiarato al sito russo Sputnik che l’invio di armi dovrà essere fatto a favore delle «unità regolari» dell’esercito libico. Considerando che al momento esistono almeno due eserciti libici e che quello internazionalmente riconosciuto dovrebbe essere quello alle dipendenze del Consiglio Presidenziale formato in gran parte dalle milizie di Misurata, sembra evidente che bisognerà arrivare il più presto possibile, anche in virtù della questione Hafter, a una sistemazione riconosciuta e condivisa dell’elemento militare, sia all’Ovest che all’Est. Questa, e il suo stretto rapporto con il contestato articolo 8 aggiuntivo degli Accordi di Skhirat e quindi con la dimensione politica del conflitto, potrebbe essere una delle questioni da affrontare al vertice di Tunisi.
La questione embargo: gli alleati internazionali di Tripoli e l’immobilità interna.
Il vertice di Tunisi è stato preceduto da una frenetica attività di Martin Kobler, che si è tra l’altro recato al Cairo, e dall’incontro del vice presidente del Consiglio Presidenziale Fathi Majbiri con rappresentanze ministeriali italiane a Roma. Ma nemmeno all’esterno, tra gli alleati di Tripoli e – almeno in teoria – della HOR, la situazione sembra meno magmatica di quanto lo sia in Libia.
Il recente vertice della NATO a Varsavia ha concordato un eventuale impegno non direttamente bellico, ma di affiancamento e supporto, a vantaggio delle strutture difensive libiche (punto 97), ma si è poi concentrato, «in linea di principio» e in modo sostanzialmente ancora da definire – sull’assistenza, nel caso l’Unione Europea lo richiedesse, alla Missione navale EUNAVFORMED o Sofia (punto 93). Missione che ha di recente ottenuto lo stanziamento, da parte del parlamento italiano, di 70.305.952 euro per tutto il 2016 al fine anche di addestrare la Guardia Costiera libica.
Ma anche su questo fronte, nonostante il rafforzamento dei «cordoni sanitari» – se così vogliamo chiamarli – esterni, all’interno sembra muoversi poco. La promessa di un alleggerimento ad hoc dell’embargo fatta a Vienna a Serraj non pare aver avuto fino ad adesso grande seguito: questo anche in virtù di una richiesta mai ufficializzata da parte delle autorità di Tripoli, le quali temerebbero – questo è quanto riporta ancora Mattia Toaldo sulla base di colloqui da lui direttamente tenuti con diplomatici libici e non – uno smacco d’immagine in seguito ad un eventualmente eccessivo coinvolgimento militare straniero: di recente Serraj ha già ammesso una non meglio specificata «assistenza limitata a livello di competenze e logistica», probabile non desideri al momento andare oltre. Karim el Bar del Middle East Eye ha scritto di un coinvolgimento straniero nello scenario di Bengasi, il che se confermato sarebbe una notizia importante perché testimonierebbe un avvicinamento della comunità internazionale alle posizioni di Hafter e un conseguente indebolimento del potere interno delle strutture unitarie; inoltre gli Stati Uniti potrebbero aver accidentalmente dato notizia di un loro bombardamento su posizioni ignote libiche il 28 giugno, almeno stando ad un comunicato della Marina di Washington poi modificato senza spiegazioni esplicite.
La comunità internazionale dunque rimane connessa alla Libia, ma senza ancora un intervento decisivo a favore del Consiglio Presidenziale e, di conseguenza, della soluzione unitaria. Sembrano anzi esserci in questo senso le prime avvisaglie di un cambio di direzione verso una soluzione decentralizzata che possa forse coinvolgere tutte le parti in gioco senza però modificare – ma anzi in qualche modo istituzionalizzando – le divisioni esistenti. Solo il tempo dirà quanto questa soluzione, al di là delle dichiarazioni di Kobler, verrà presa in considerazione e attuata.
(Immagine di copertina: miliziano in una strada di Bengasi colpita dai combattimenti. Fonte: www.en.libyaschannel.com)
Profilo dell'autore
- Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.
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