di Alessandro Pagano Dritto (Twitter: @paganodritto)
A seguito delle nuove nomine europee in relazione alla questione libica, l’Italia si trova ora ad avere il controllo indiretto dei confini terrestri e marini del paese nordafricano. Il che vuol dire anche che l’Italia potrebbe trovarsi a giocare un ruolo concreto, seppur appunto indiretto, nella gestione dell’embargo di armi; proprio ora che l’attesa prossima vittoria dei gruppi filotripolini a Sirte rende di immediata attualità la formazione, l’addestramento e probabilmente anche l’armamento della nuova Guardia Presidenziale.
Diversi nuovi nomi sono diventati parte della questione libica nelle ultime settimane. Elencarli potrà essere utile a definire ulteriormente il ruolo che l’Italia si presta a giocare in Libia.
Nuove nomine e nuovi incarichi: attraverso l’Europa, i confini libici sono ora a controllo italiano.
L’11 agosto 2016 il Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha confermato
la nomina di un nuovo ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, che dovrebbe ritornare per la prima volta in Libia dopo l’abbandono del paese da parte della diplomazia italiana nel febbraio 2015.
Il 26 agosto 2016 il vice questore Vincenzo Tagliaferri veniva nominato, su proposta dell’Alta Rappresentante europea Federica Mogherini, a capo della missione europea di controllo dei confini libici EUBAM Libya: l’1 settembre Tagliaferri è diventato ufficialmente operativo.
Il 2 settembre Bettina Muscheidt veniva nominata nuova ambasciatrice dell’Unione Europea in Libia.
Infine, il 23 agosto 2016, veniva firmato un Memorandum di intesa tra la missione navale europea nel Mediterraneo centrale, EUNAVFORMED o Sophia, e la Marina libica per l’addestramento della Guardia Costiera del paese nordafricano e il 2 settembre un comunicato congiunto dei governi di Roma e di Tripoli annunciava non meglio specificate iniziative comuni nella gestione dei flussi migratori illegali.
Considerando che anche a capo di EUNAVFORMED c’è un italiano, l’Ammiraglio Enrico Credendino, e che lo stesso quartier generale della missione si trova a Roma, si può considerare come l’Italia abbia dunque di fatto il controllo, seppur informale e indiretto attraverso due missioni europee, dei confini libici.
Tripoli nomina i vertici della Guardia Presidenziale: si riapre la questione embargo.
[Per approfondire sul vertice di Vienna, l’embargo e la Guardia Presidenziale: Cronache libiche, Dopo il vertice di Vienna diversi interrogativi rimangono ancora sul terreno, 18 maggio 2016]
La questione sembra particolarmente importante in ottica embargo. Dal maggio 2016, cioè dal vertice internazionale di Vienna, la Libia – naturalmente sponda Tripoli – ha fatto sapere di essere pronta a chiedere un alleggerimento dell’embargo di armi in vigore sul paese dal 2011 al fine di permettere il rifornimento e l’equipaggiamento di una Guardia Presidenziale deputata alla protezione dei siti di maggiore importanza economica e politica della Capitale. Il 31 agosto, dopo che questa Guardia era rimasta per lungo tempo una concezione pressoché teorica, il Consiglio Presidenziale guidato da Fayez Serraj ha finalmente nominato i vertici di questo organismo. Naturalmente la speranza della comunità internazionale è anche quella di creare, almeno nell’ovest, un abbozzo di esercito regolare che si sostituisca alle milizie presenti in tutto il paese dai tempi della guerra contro Muammar Gheddafi e mai sparite dopo la fine di quel conflitto; quindi, cercare di avvicinare sia politicamente che militarmente le due fazioni e dunque l’esercito dell’Est, che non riconosce le strutture politiche e militari della Capitale.
Essendo ad oggi lo Stato Islamico quasi definitivamente sconfitto a Sirte, dove controllerebbe da qualche settimana solo una manciata sempre più ristretta di chilometri quadrati, la questione che regnerà dopo, dal punto di vista della sicurezza, sarà la possibilità che singoli elementi o cellule ridotte della formazione nera possano attivarsi in diversi punti del paese e quindi dovrà esserci, da parte libica, una forza militare e di polizia capace di contrastarli e, quando possibile, prevenirli. Da qui, presumibilmente, la tempistica di formazione della Guardia Presidenziale.
In maggio i vertici militari statunitensi che avrebbero dovuto in teoria
armare la Guardia Presidenziale si erano mostrati titubanti, perché il rischio prevedibile ad agire anzi tempo era quello di armare milizie di fatto indipendenti dal governo centrale, milizie che avrebbero potuto approfittare del credito derivante dalla lotta allo Stato Islamico per rinforzarsi militarmente e condurre una propria personale azione politica e militare. All’epoca dunque il Generale David Rodriguez dell’AFRICOM – la sezione militare statunitense che si occupa del continente africano e che risiede in Germania – aveva avanzato delle riserve. Quattro mesi dopo, però, Rodriguez non è più al suo posto, sostituito dal Generale Thomas Waldhauser: colui, cioè, che dopo aver criticato in giugno la mancanza di una vera e propria strategia contro lo Stato Islamico in Libia, in agosto ha iniziato, in accordo col Governo di Tripoli, i bombardamenti su Sirte tuttora in corso. Un approccio, dunque, sicuramente più energetico del precedente, che lascia presupporre anche una maggiore disponibilità a relazionarsi con le milizie filotripoline.
[Per approfondire sul ruolo dell’Italia in Libia e sulla questione dei bombardamenti su Sirte: Cronache libiche, L’Italia e i bombardamenti statunitensi su Sirte, 6 agosto 2016]
I contatti tra gli alleati occidentali e queste milizie non si sono infatti fermati ai bombardamenti di marca statunitense: in un’intervista concessa a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera il Primo Ministro Fayez Serraj ha sostenuto, non smentito, che le milizie a Sirte hanno ricevuto dall’Italia anche giubotti antiproiettile e materiale utile alla visione notturna e il supporto medico è notoriamente in corso da tempo. Il viceministro degli Esteri Mario Giro ha detto, durante un’apparizione televisiva in agosto, che sminatori italiani sono presenti sul territorio libico sempre nell’ambito delle operazioni a Sirte.
Dunque, anche se all’opinione pubblica ne sfuggono al momento i dettagli, la coordinazione con queste milizie, più o meno informale, esisterebbe già da tempo. Non ancora a livello di armi, ma certo è che se si deciderà di allentare l’embargo in questo senso a favore di quello che dovrebbe essere in prospettiva l’esercito regolare di Tripoli, missioni di «rafforzamento e sviluppo della sicurezza dei confini nazionali» qual è EUBAM Libya e di contrasto ai traffici illegali qual è invece EUNAVFORMED – convertitasi proprio in giugno anche al mantenimento dell’embargo in vigore dal 2011 – non potranno non avere un ruolo diretto. E con loro non potrà non averlo tutta quella catena di comando composta da uomini italiani: Tagliaferri e Credendino sul fronte europeo e, appena si sarà installato a Tripoli in rappresentanza invece del proprio paese, Perrone. Difficile non pensare a un continuo coordinamento tra le parti non appena sarà il momento opportuno.
[Per approfondire cosa comprenderebbe il Memorandum firmato da Italia e Libia secondo indiscrezioni stampa: Il Sole 24 Ore, Missione UE antiscafisti, accordo per l’addestramento di militari libici, 23 agosto 2016]
I problemi: il contrasto al traffico illegale e la questione del confine orientale.
Il problema dello smercio illegale di armi, tra l’altro, esiste già in un
paese dove – secondo il rappresentante locale delle Nazioni Unite Martin Kobler – circolerebbero 26 milioni di armi per 6 milioni di cittadini. L’Italia è infatti stata associata alla Libia, ultimamente, anche per due possibili azioni illegali compiute da italiani sul territorio libico: da un lato le autorità di Roma, Londra e Lubiana stanno indagando su un traffico di armi illegale verso la città libica di Zintan e un italiano residente a Tripoli sarebbe coinvolto nell’operazione; dall’altro una donna italiana sarebbe stata arrestata in Libia per dei sospetti traffici di denaro. Non è dato sapere molto altro sui due fatti, né se siano in qualche modo collegati, ma questo rende l’idea di come due missioni di controllo dei confini comandate da italiani possano facilmente trovarsi a cooperare contro traffici di questo tipo.
La domanda – soprattutto nel caso di EUBAM Libya, visto che EUNAVFORMED opera fino a questo momento in acque internazionali, rimane una: come sarà possibile la supervisione internazionale del confine libico orientale, quello con l’Egitto, al momento presieduto da forze militari ostili a ogni cooperazione.
Forse in questo senso dovrà muoversi la diplomazia, che dopo Sirte dovrà impegnarsi – e promette già di farlo con un vertice a New York in settembre – ad accorciare le distanze tra le due metà del paese.
(*Immagine di copertina: un’imbarcazione della Guardia Costiera libica avvicina un gruppo di migranti. Fonte: www.reuters.com, foto d’archivio)
Profilo dell'autore
- Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.
Dello stesso autore
- Africa23 Dicembre 2016Libia, il gheddafismo dopo il 2011
- Blog8 Dicembre 2016Libia, chi ha attaccato i terminali petroliferi?
- Blog16 Ottobre 2016Libia, Tobruk tra nuova visibilità internazionale e controllo del territorio
- Africa18 Settembre 2016Libia, la lotta interna per i terminali petroliferi e la missione italiana
[…] Italian men are at key positions both in the UNSMIL and in the European Missions, tasked with security and military issues: General […]