di Daniele Bordoli, LA PAZ
“Data l’esistenza precoloniale di nazioni e popolazioni indigene originarie e il loro dominio ancestrale sui propri territori si garantisce la loro libera determinazione nel marco dell’unità dello Stato, che consiste nel diritto all’autonomia, all’autogoverno, alla propria cultura […]”. Così recita la Costituzione boliviana, approvata da un referendum nel 2009 dal governo di Evo Morales Ayma (lui stesso indigeno della popolazione Aimara).
La popolazione indigena rappresenta circa il 50% dei boliviani, mentre nelle zone rurali arriva a una media del 74%. Sono circa 40 le etnie originarie dello Stato Plurinazionale di Bolivia. Quechua e Aimara le più folte e famose, ma è nella zona tropicale a nord del paese che risiede il maggior numero di popolazioni, guidate dai celebri Guaranì.
La progressista costituzione voluta dal presidente indigeno, applaudita dal mondo, prevedeva dunque un’ampia autonomia e libertà, nel rispetto da un lato della cultura tradizionale e dall’altro della Repubblica di Bolivia, ad ogni comunità presente nello stato.
Cosa ne è stato di questo processo di plurinazionalizzazione?
Il regime speciale chiamato “Régimen autonòmico Indigena Originaria Campesina” permette a un villaggio o comune di sottrarsi alla giurisdizione di municipio, provincia e dipartimento in favore di un autogoverno basato su una nuova costituzione territoriale sottoposta a referendum alla popolazione locale.
Hanno diritto a questa speciale autonomia tutte quelle collettività che condividano identità culturale, lingua, tradizione storica, istituzioni e territorialità la cui esistenza risale a prima dell’invasione spagnola.
Sarebbe tutto positivo, ma ci sono degli aspetti da considerare.
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Le difficoltà burocratiche: nel primo anno sono state solo diciotto le comunità che hanno ottenuto dal Ministero delle Autonomie la possibilità di indire il referendum sul passaggio al Régimen. Per molte nazioni è difficile tradurre su carta la propria cultura, tramandata spesso solo oralmente così come il funzionamento delle istituzioni tradizionali. È spesso anche trovare qualcuno che sia in grado di scrivere, a dire il vero. Nonostante nel 2008 la Bolivia sia stato dichiarato “Territorio Libero da Analfabetismo”, sono 850’000 i minorenni lavoratori (dato del 2014) e fuori dalle scuole in prossimità dell’inizio dell’anno si possono vedere frotte di ragazze e bambini in coda per iscriversi prima che terminino i posti disponibili. E nelle comunità rurali il problema è ancora più forte.
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Nel luglio del 2010 è stata promulgata la Ley Marco de Autonomìa e Descentralizaciòn che limita la possibilità di conversione dello statuto a quei territori che già sono governi municipali, escludendo le comunità più piccole non riconosciute.
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Dal nuovo gabinetto di Evo Morales è scomparsa la figura del Ministro delle Autonomie. Il dicastero passerà sotto il diretto controllo del presidente. L’eliminazione della cattedra ha risvolti sia politici sia concreti. Stabilisce che la transizione plurinazionale non è più una priorità del paese, inoltre il presidente avrà certamente meno tempo per occuparsene rispetto a un ministro dedicato.
Per il rispetto dei diritti di ogni uomo e ogni popolo, ci si può solo augurare che il processo di autonomizzazione non si arresti.
https://www.youtube.com/watch?v=nA1CYGwlM7o
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