Nelle settimane scorse si è parlato molto, sui social media, di un articolo scritto da Maria Abi-Habib per il Wall Street Journal, dal titolo “Christians, in an Epochal Shift, Are Leaving the Middle East”. Qui potete leggerlo integralmente.
Il pezzo tratta numerosi problemi, ma la sua tesi centrale può essere sostanzialmente riassunta nel titolo.
Non intendo criticare il messaggio in sé. È chiaro che la percentuale di cristiani in Medio Oriente sia infatti in calo. È una affermazione palese, ma cosa aggiunge concretamente? Non molto.
Non mi concentrerò dunque sull’articolo in sé, perché ciò che mi ha più allarmato è stato il seguente grafico.
Considerando l’attuale contesto di islamofobia in Occidente e l’ondata di populismo xenofobo, che usa i cristiani mediorientali per giustificare il proprio odio nei confronti dei musulmani, è alquanto incosciente condividere grafici così ingannevoli.
Mi concentrerò sui due paesi che conosco meglio*: Palestina e Libano.
Palestina
Il lettore avrà notato che il grafico non menziona affatto la Palestina. Magari non era questa l’intenzione di Abi-Habib, ma dubito che la mancanza della Palestina in un grafico del Wall Street Journal / Harvard sia una mera coincidenza.
Comunque, menziona Israele. E sostiene che nel 1910 la popolazione cristiana di Israele era circa l’8,0%, mentre la previsione della popolazione cristiana di Israele nel 2025 è dell’1,8%.
Il problema con quel ‘dato’? Israele non esisteva nel 1910.
È stato fondato nel 1948, e la sua fondazione è stata resa possibile soltanto con la Nakba [o “catastrofe” in arabo], il nome usato per descrivere l’esodo forzato di 700.000 palestinesi, molti dei quali cristiani.
Oggi ci sono circa 30.000-50.000 cristiani palestinesi che vivono tra Gaza e la Cisgiordania, oltre 100.000 in quella che oggi è Israele e oltre 500.000 nella diaspora (da quello che so, correggetemi se sbaglo). Ci sono più cristiani palestinesi in Cile che in Palestina.
A causa delle leggi di apartheid israeliane, ai cristiani palestinesi che sono fuggiti è negato il diritto al ritorno. Appartengono alla religione sbagliata. Nel frattempo, il governo israeliano continua a sfruttare il pellegrinaggio cristiano verso la Terra Santa e utilizza la sua «tolleranza» nei confronti dei cristiani per promuovere se stesso all’Occidente (in particolare agli americani, che costituiscono il gruppo più influente di sionisti cristiani).
Israele parla della propria popolazione di cristiani palestinesi chiamandoli “cristiani arabi” per differenziarli dai cristiani palestinesi che vivono a Gaza o in Cisgiordania. Eppure la maggior parte di essi si identificano come cristiani palestinesi.
Per dirla in altre parole: i cristiani stanno abbastanza bene, ma non quelli nativi.
SUI CRISTIANI PERSEGUITATI IN MEDIO ORIENTE CONSIGLIAMO LE SEGUENTI LETTURE:
– CRISTIANI DI TRINCEA
– NOI, CRISTIANI PERSEGUITATI DELL’IRAQ
– IL NATALE DEI CRISTIANI PALESTINESI
– VERSO LA DISTRUZIONE DELL’IDENTITÀ DEI CRISTIANI PALESTINESI
Libano
Il grafico indica che, nel 1910, in Libano vi era circa l’80% di cristiani, e che nel 2025 questi saranno circa il 30%.
Il problema è, ancora una volta, la data. Non esisteva alcun Libano nel 1910. C’era il Monte Libano, a maggioranza cristianza, che fa parte del moderno Libano (del post-1946). Il Monte Libano era un Mutasarrifat (una delle suddivisioni dell’Impero Ottomano) creata nel 1861 e durata fino al 1918.
Nel 1920, sotto il Mandato francese, venne costituito il Grande Libano. Fu chiamato così perché il territorio era stato raddoppiato per poter includere i distretti ottomani a maggioranza musulmana di Tripoli, Sidone e la Valle della Beqa’. Ecco dunque il motivo per cui la percentuale di cristiani è diminuita: perché è aumentata la popolazione totale del ‘Libano’.
Il territorio diventerà “Repubblica del Libano” nel 1946, quando dichiarò l’indipendenza. Il successivo esodo avrebbe avuto luogo durante la guerra civile del 1975-1990.
Gli autori del grafico avrebbero dovuto chiarire ai propri lettori che nel secolo scorso la regione ha subito dei cambiamenti drastici. Devo ammettere che i numeri sembrano sospetti già ad una prima occhiata. Non sono un esperto di demografia, ma ho letto sufficienti libri sulla storia libanese per sapere che nel grafico c’è qualcosa che non quadra.
Il Wall Street Journal dovrebbe spiegare ai propri lettori perché ha cancellato la Palestina e perché ha utilizzato grafici che, nella migliore delle ipotesi, sono fuorvianti.
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