Sempre più spesso in Italia e in Europa si utilizzano termini come terrorismo islamico, fondamentalismo islamico e jihad islamico. Sono termini completamente inadeguati: in 1400 anni di storia, l’Islam non ha mai permesso ai fondamentalisti di prevalere.
Ci sono più di 54 paesi musulmani nel mondo, l’82% dei musulmani non è arabo né parla la lingua araba. Le grandi lingue dell’Islam sono l’arabo, il persiano e l’urdu. Nell’Islam autentico non c’è spazio per il fondamentalismo.
Per comprendere l’origine del radicalismo nel mondo islamico è necessario esaminare alcuni fatti storici.
Salafismo e wahabismo
Il primo fondamentalista e intellettuale conservatore è stato Ibn Hanbal, nato a Baghdad, in Iraq nel 780. È il primo punto di riferimento per i fondamentalisti di tutto il mondo islamico. Hanbal criticava duramente la scuola del mutazilismo per le tesi ritenute moderne e liberali.
I mutaziliti sostenevano che il Corano fosse sì la parola di Dio, ma scritta da uomini devoti. Hanbal era contro il multiculturalismo nell’Islam, nelle sue opere invitava i musulmani a tornare all radici dell’Islam e rifiutava l’idea di un Corano creato dall’uomo. Per questo motivo fu messo in galera.
Rifiutava, anzi, dichiarava la fitna (caos) delle leggi umane contro la sharia, la sunna e gli ahadith. È stato proprio lui ad inventare la parola Salafiyya e a seguire la tradizione delle prime tre generazioni dell’Islam: 1) i “Seguaci”, la generazione successiva a quella del Profeta; 2) “coloro che vengono dopo i seguaci”; 3) la terza generazione, quelli considerati dai salafiti dei modelli esemplari di virtù religiosa. La scuola di pensiero hanbalita non ebbe successo e per questo venne incarcerato e ripudiato dalle autorità del califfato. Proprio nello stesso periodo, nel califfato cominciava a svilupparsi lo studio delle scienze, l’arte e il misticismo.
Il secondo ribelle e grande guida per i fondamentalisti contemporanei si chiama Ibn Taymiyya, nato a Harran in Turchia nel 1263.
Ibn Taymiyya vive in un periodo particolarmente duro per il califfato, devastato dalle lunghe crociate e successivamente dall’occupazione dei mongoli di Gengis Khan. Taymiyya riteneva che il califfo dovesse essere arabo ed era contro i nuovi amministratori mongoli convertiti all’Islam. Per questo riteneva che il jihad (guerra santa) fosse un percorso naturale e indispensabile per riacquisire l’indipendenza e la prosperità del popolo arabo e quindi del califfato. I suoi scritti citavano l’hanbalismo, e quindi un ritorno al salafismo applicando la sunna e la sharia, e invitavano a eliminare dall’Islam le tradizioni laiche e moderne. Era duramente contrario al sufismo e allo sciismo. Ibn Taymiyya venne incarcerato e ripudiato diverse volte per le sue idee fondamentaliste. Fu lui il primo a dire che il jihad è il sesto pilastro dell’islam e che chi non prega, consuma l’alcool e pratica tradizioni eretiche deve essere dichiarato kafir (non credente).
Il terzo seguace del fondamentalismo è Muhammad Ibn Abd Al Wahhab, nato a Uyayna in Arabia Saudita. Conservatore e illustre portavoce delle idee di Ibne Hanbal e Ibne Taymiyya, venne espulso da città illuminate come Baghdad, Basra e Isfihan per il suo pensiero estremista. Wahhab era un proibizionista e condannava aspramente il sufismo e lo sciismo. Era contro la libertà della donna, l’alcool, il fumo e le tradizioni non arabe. A differenza degli altri due, Wahhab riuscì a realizzare il suo progetto coinvolgendo le tribù dell’odierna Arabia Saudita e determinando la costituzione di vere e proprie istituzioni politiche e sociali. Il wahabismo insiste su un’interpretazione letterale del Corano, nel mondo islamico odierno rappresenta un vivo esempio di fondamentalismo e non ha nessuna similitudine con la lunga storia del califfato e del sultanato. Il wahabismo è assimilabile ad un sistema socio-politico che reprime le libertà civili e di pensiero e, purtroppo, presenta molte similitudini con regimi come il fascismo e il nazismo: un percorso estraneo all’islam e alla sua storia.
Fondamentalismi odierni
Le grandi associazioni terroristiche come Al Qaeda, i Taliban e Boko Haram seguono le orme dei signori sopra indicati, così come i Fratelli Musulmani e Hamas sono seguaci della scuola hanbalita. Questi ultimi portano avanti un islam politico e sono schedati da alcuni paesi come associazioni terroristiche.
La storia di Hezbollah è diversa perché segue la scuola del pensiero sciita e gode del supporto di Iran e Siria. In più in diversi stati dopo gli anni Ottanta sono sorte centinaia di piccole associazione che interagiscono in nome dell’Islam per destabilizzare l’ordine pubblico.
Le grandi associazioni politiche e terroristiche che usano il nome dell’Islam hanno un nemico comune, l’Occidente e Israele; eppure nella loro breve storia poco più che trentennale sono state utilizzate anche dall’Occidente stesso, come successo in Afghanistan per cacciare i russi.
Terrorismo europeo
Per capire il terrorismo europeo è necessario analizzarlo da un’altra ottica. I ragazzi di “seconda generazione” e i giovani che si fanno esplodere nelle piazze europee sono sempre quelli che negli anni Ottanta per le strade di Bradford e Londra manifestavano la loro rabbia contro il libro di Salman Rushdie I versi satanici. In realtà il libro era solo un pretesto per far emergere la mancata integrazione di una classe sociale che, pur essendo scolarizzata e specializzata, incontrava maggiori difficoltà ad accedere al mondo del lavoro, a fare carriera o a ottenere salari equivalenti a quelli dei coetanei che non erano figli di immigrati. E come dimenticare quando pochi anni fa, a Parigi, giovani di “seconda generazione” bruciavano auto per manifestare il loro scontento, con le stesse motivazioni.
Per certo non possiamo adottare politiche di chiusura, condannare il multiculturalismo ed espellere i giovani immigrati; è necessario lavorare su politiche d’inclusione sociale, culturale ed economica.
Dobbiamo espellere le idee estremiste, non le persone. Dobbiamo pensare l’Islam come una religione che è ormai parte della nostra società, invece di rimarcare le differenze e rievocare le crociate. Dobbiamo lavorare ampiamente con le comunità per eliminare il cancro del radicalismo, come abbiamo fatto contro le Brigate rosse.
Nel parlare d’Islam, dobbiamo correggere il nostro linguaggio. Non esistono fondamentalismo o terrorismo islamico, ma esistono fondamentalismo e terrorismo nel mondo islamico. L’Islam è una religione di pace, amore, bellezza, arte e scienza. I musulmani europei devono abbandonare l’idea di un Islam politico.
Non avendo un clero, l’Islam fa fatica a trovare quegli intermediari necessari per iniziare un percorso di confronto e riforme che faccia dialogare le varie anime dell’Islam attraverso l’interpretazione del Corano.
Così come esiste un Islam di cultura turca, indiana e indonesiana, appare necessaria la formazione di istituzioni che stimolino la ricerca in Europa di un Islam europeo e italiano.
Ahmad Ejaz è un cittadino italiano di origine pakistana. Vive in Italia da 25 anni, dove si è sposato con una donna italiana dalla quale ha avuto due figli. Giornalista e mediatore culturale, ha fondato l’associazione “Nuove Diversità” e il giornale “Azad”, di cui è direttore. Qui puoi leggere la sua storia.
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