Il testo che segue è tratto dal nuovo romanzo di Daniele Coltrinari Lisbona è un’assurda Speranza, per gentile concessione dell’editore Scatole Parlanti (www.scatoleparlanti.it). Come si può dedurre dal titolo, protagonista del romanzo è Lisbona. È possibile trasferirsi in una città straniera alla soglia dei quarant’anni per trovare la felicità? Lisbona, con il suo sole scintillante, il cielo terso e immenso, un fiume così grande che sembra un mare e le notti alcoliche nei locali, fa credere che sì, il sogno può avverarsi. Ma col passare del tempo, la capitale lusitana diviene sempre più turistica, perdendo i connotati di “miglior rifugio possibile”. Il protagonista capisce che è giunta l’ora di tornare in Italia per affrontare i propri fantasmi, mentre a Lisbona i suoi luoghi del cuore sono destinati a lasciar spazio all’invadenza degli hotel di lusso. Mudanças – cambiamenti – sembrano demolire le speranze e le utopie degli amici, e non tutti decidono di restare. Lisbona viene dipinta nei suoi tratti onirici e musicali, libertari e multi–culturali, senza dimenticare di contrasto le sfumature razziste, classiste e conservatrici. Una storia ambientata in epoca prepandemica e con un possibile scenario postpandemico, in una cidade che nonostante tutto riesce a mantenere il fascino e l’antico splendore quel tanto che basta per regalare dolci illusioni a chiunque passi di lì, carezzato dalla brisa do oceano.
“L’ingresso della Troika nel nostro Paese, con il Memorandum d’intesa siglato nel 2011, ha creato a distanza di anni molti problemi riguardo alla questione abitativa di tante persone e se ne stanno vedendo gli effetti solo ora, soprattutto nella città di Lisbona e di Porto. È stato in particolare il punto 6 a modificare strutturalmente il mercato immobiliare in Portogallo, con dei cambiamenti decisivi alla legislazione in tema di affitti. Il disegno di legge del precedente governo su questo tema, approvato nel 2012, prevedeva un periodo di transizione che si è concluso nel 2017 e ha seguito pedissequamente le indicazioni della Troika: gli affitti bloccati per alcune fasce della popolazione hanno ora la possibilità di essere rinegoziati e la trasmissibilità dei contratti d’affitto sarà possibile solo per i familiari di primo grado, mentre il preavviso per la rescissione del contratto da parte del proprietario sarà abbreviato e le limitazioni che la legge imponeva alla possibilità di sfrattare gli inquilini saranno sensibilmente ridotte”.
«Fanculo!» esclamai dopo aver letto l’introduzione di un articolo in prima pagina su uno dei più importanti quotidiani del paese, e provai ad addormentarmi sul vecchio divano di casa. Meno di un’ora prima ero atterrato all’aeroporto Humberto Delgado, detto anche di Portela, a circa dieci chilometri dalla città, finché, mi ripetevo spesso, non ne avrebbero costruito uno nuovo e più distante da casa mia. Era comodissimo e velocissimo da Portela arrivare nella mia catapecchia: prendevo la metro dall’aeroporto, tre fermate e scendevo, quindi salivo sul treno a Gare do Oriente in direzione Santa Apolónia e, se azzeccavo le coincidenze, in venti minuti ero a poche centinaia di metri dalla mia abitazione.
“Nei pressi della stazione non c’erano più mendicati e barboni, erano stati cacciati via, per loro non era più possibile stare qui”.
Distava mezzo chilometro dall’Estação de Lisboa-Santa Apolónia, stazione ferroviaria e metro dove una volta partivano i principali treni internazionali a lunga distanza verso l’estero, come le linee Lisbona-Parigi e Lisbona-Madrid, mentre ora era punto di partenza, di arrivo e di passaggio delle tratte nazionali ad alta velocità verso il Nord e il Sud del Portogallo. Nei pressi della stazione non c’erano più mendicati e barboni, erano stati cacciati via, per loro non era più possibile stare qui. Santa Apolónia non era più solo un luogo dove prendere il treno o la metro, si era trasformata anche in un hotel a cinque stelle. Nei piani superiori e negli edifici adiacenti, sempre di proprietà del Comboio de Portugal, l’azienda pubblica che gestiva i servizi ferroviari dello Stato, si trovavano ben centoventi camere. Era il frutto di un investimento da oltre dodici milioni di euro e una concessione comunale ai proprietari dell’hotel per trentacinque anni con rinnovo opzionale alla scadenza. La strategia era chiara: aumentare al massimo l’offerta alloggiativa di Lisbona, la più importante meta turistica del Paese lusitano. Nel piazzale antistante la stazione, dove i taxi aspettavano gli stranieri in vacanza per scarrozzarli da una parte all’altra della città, resisteva ancora, inaugurato nel 2010 e realizzato da un giovane artista locale, un gruppo scultoreo raffigurante un uomo e la sua famiglia con la valigia, un omaggio agli emigranti che partivano da qui verso altri Paesi in cerca di lavoro. Ancora oggi i portoghesi, soprattutto giovani, continuavano a emigrare all’estero e chi rimaneva viveva ormai spesso fuori città. La capitale era zona esclusiva per i vacanzieri di tutto il mondo e per chi si era potuto comprare un appartamento, se non addirittura uno o più palazzi, a prezzi da capogiro.
«Ogni volta che vengo a trovarti vedo dei ragazzini che giocano di fronte al Panteão, infischiandosene dei turisti! Li prendono pure a pallonate!».
Non riusciva proprio ad avvertirmi per telefono, piombava all’improvviso e citofonava, sperando di trovarmi.
«Eh sì, Mattia» gli risposi mentre lui era concentrato a rollarsi quella che da queste parti chiamano scherzosamente galinha, «io li vedo quasi ogni giorno che scalciano il pallone, incuranti dei turisti, nel piazzale di fronte all’entrata della Chiesa di Santa Engrácia, sorta nel XVII secolo, convertita nel Panteão Nacional nel 1916 e famosa per la sua imponente cupola che si vede fino alla periferia est della città! Il Panteão è un luogo magico e simbolico, sai che ospita cenotafi di eroi e protagonisti della storia portoghese, come ad esempio Vasco da Gama e Amália Rodrigues?».
E allora eccoli lì, questi ragazzini che sognavano di diventare come Cristiano, lo chiamano così in Portogallo, Cristiano Ronaldo, solo con il nome. Quando il 10 luglio del 2016 il Portogallo vinse il Campionato europeo di calcio a Parigi contro la Francia, non mi trovavo a Lisbona. Mi dispiacque molto non essere in città e non poter partecipare ai festeggiamenti di una vittoria storica, da allora Ronaldo era considerato in patria una divinità anche dai più piccoli. All’interno del Panteão si trovava pure il cenotafio di Eusébio Da Silva Ferreira, detto Eusébio; è stato il più forte di tutti, anche di Cristiano, il più grande calciatore portoghese e mozambicano della storia, quando il Mozambico era ancora una colonia africana della nazione portoghese. Una volta ho visto un bambino dribblare tutti gli altri, calciare con una forza inaudita il pallone e colpire in faccia un vacanziere: goal e occhiali da sole del turista schizzarono in aria, mentre il trolley se ne andava per conto suo fuori controllo. Dicono che la parola alface, lattuga, derivi dall’arabo alHaSa ed è servita per coniare l’espressione alfacinhas, il soprannome con cui sono stati battezzati gli abitanti di Lisbona. E chissà che alla fine non ci avrebbero pensato proprio gli alfacinhas più giovani a fermare la turistificazione in corso e a fare la rivoluzione, giocando a pallone sulla piazza antistante all’entrata del Panteão, abbattendo i turisti uno a uno con le loro giocate alla Ronaldo e con l’inevitabile benedizione di Eusébio.
Lisbona è un’assurda speranza lo trovate sul sito di Scatole Parlanti qui: https://www.scatoleparlanti.it/voci/lisbona-e-unassurda-speranza/
Profilo dell'autore
- Nato a Ciampino (Roma) nel 1976, è un giornalista freelance e ha realizzato reportage su Lisbona e sul Portogallo, pubblicate su diverse testate nazionali. È coautore di Lisbon Storie (2016), il primo documentario indipendente sugli italiani che da anni vivono e lavorano a Lisbona. Ha pubblicato nello stesso anno C'era una Volta in Portogallo (Tuga Edizioni), un libro di ciclismo, viaggi e avventure. Lisbona è un'assurda speranza (uscito recentemente per Scatole Parlanti) è un romanzo breve ambientato nella capitale portoghese poco dopo gli anni post Troika e prima dello scoppio della pandemia.
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