Marlon Brando, riconosciuto come uno degli attori più significativi della sua generazione, era noto tanto per la sua abilità nell’interpretare i ruoli più complessi quanto per il suo impegno nelle questioni sociali e politiche. Uno dei suoi gesti più discussi avvenne nel 1973, quando rifiutò l’Oscar come miglior attore in segno di protesta contro il trattamento riservato ai Nativi Americani. Questa scelta, che suscitò scalpore a Hollywood, attirò l’attenzione internazionale su una causa che Brando sentiva profondamente.
La notte degli Oscar del 1973, Brando fu premiato per la sua interpretazione di Vito Corleone in “Il Padrino” di Francis Ford Coppola, ma invece di accettare personalmente il premio, inviò in sua vece Sacheen Littlefeather, un’attivista dei diritti dei Nativi Americani. Vestita con un abito tradizionale, Littlefeather salì sul palco degli Oscar e, davanti a milioni di spettatori, lesse una dichiarazione in cui Brando esprimeva il suo rifiuto del premio come protesta contro la rappresentazione dei Nativi Americani nei film di Hollywood e contro la recente situazione a Wounded Knee, dove si erano scontrati attivisti dei Nativi Americani e forze di sicurezza federali.
Questa azione fu rivoluzionaria per diversi motivi. Innanzitutto, segnò uno dei primi casi in cui una cerimonia di premiazione di tale portata fu utilizzata come piattaforma per un messaggio politico diretto. Inoltre, mise in luce le problematiche relative ai diritti dei Nativi Americani, un argomento che fino ad allora era stato ampiamente trascurato sia dai media mainstream che dall’industria cinematografica. Infine, la scelta di Brando di utilizzare il suo momento di gloria per dare voce a una causa maggiore dimostrò il suo profondo impegno per la giustizia sociale, al di là del suo successo professionale.
La reazione di Hollywood e del pubblico fu mista. Mentre alcuni lodarono Brando per il suo coraggio e la sua integrità, altri lo criticarono per aver trasformato un evento celebrativo in una piattaforma politica. Il gesto di Brando ebbe comunque un impatto duraturo, stimolando un dibattito più ampio sui diritti dei Nativi Americani e sulla responsabilità sociale degli artisti.
Controversie su Sacheen Littlefeather
Sacheen Littlefeather è deceduta il 2 ottobre 2022, poco dopo aver ricevuto scuse formali dall’Academy per il trattamento ricevuto durante la cerimonia del 1973. In seguito alla sua morte, la famiglia dell’attivista che rappresentò Brando agli Oscar ha rivelato che lei avrebbe falsificato le sue origini Native Americane. Secondo quanto riportato in un articolo del San Francisco Chronicle, le sorelle di Littlefeather hanno infatti dichiarato che le sue affermazioni di discendenza Apache e Yaqui erano inventate. Jacqueline Keeler, autrice dell’articolo, riporta che il nome di nascita di Littlefeather era Marie Louise Cruz, e che non ha trovato alcuna prova di una connessione o rivendicazione che suo padre, Manuel Ybarra Cruz, avesse antenati nativi americani. Aveva anzi origini messicane e Littlefeather avrebbe costruito una narrativa personale basata sulla propria immaginazione, sostengono le accuse. Nonostante queste rivelazioni, il rifiuto di Brando rimane un gesto altamente significativo per l’impatto che ha avuto nella storia di Hollywood e del suo rapporto con le minoranze.
Le altre battaglie portate avanti da Marlon Brando
Oltre al suo celebre rifiuto dell’Oscar in segno di protesta contro il trattamento dei Nativi Americani da parte di Hollywood e del governo degli Stati Uniti, Brando impiegò la sua fama e la sua influenza per sostenere una vasta gamma di movimenti per i diritti civili e contro l’ingiustizia in tutto il mondo.
Diritti civili
Il suo impegno in questo campo dimostra come Brando abbia utilizzato la sua fama e influenza per combattere l’ingiustizia e promuovere l’uguaglianza, facendo di lui un esempio raro di celebrità che ha speso senza riserve la propria voce in cause di vasta portata sociale.
Fin dai primi anni ’60, Brando si impegnò attivamente nel movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. La sua partecipazione non fu mai marginale o simbolica; al contrario, Brando si trovò spesso in prima linea, marciando al fianco di leader come Martin Luther King Jr. e sostenendo finanziariamente il movimento. La sua presenza alla Marcia su Washington per il lavoro e la libertà nel 1963 fu uno dei tanti momenti in cui Brando dimostrò il suo impegno per la causa, evidenziando la sua determinazione a contribuire alla lotta contro la discriminazione razziale e l’ingiustizia.
La casa di Brando divenne un punto di incontro per attivisti, artisti e intellettuali impegnati nel movimento per i diritti civili, un luogo dove si scambiavano idee e si pianificavano passi concreti. Brando mise anche a disposizione delle risorse economiche per sostenere organizzazioni e cause legate ai diritti civili.
Opposizione all’Apartheid in Sudafrica
Un’altra delle cause per cui si è maggiormente battuto è stata la lotta contro l’apartheid in Sudafrica, un sistema di segregazione razziale istituzionale che ha dominato il paese per gran parte del XX secolo.
Marlon Brando non esitò a denunciare apertamente l’apartheid, sfruttando ogni opportunità per condannare le politiche discriminatorie del governo sudafricano. Attraverso discorsi pubblici, interviste e partecipazioni a eventi, Brando esprimeva la sua solidarietà con il popolo sudafricano oppresso e sollecitava la comunità internazionale a prendere posizione contro l’ingiustizia.
Brando era un forte sostenitore delle sanzioni economiche e culturali contro il Sudafrica. Credeva fermamente che la pressione internazionale potesse costringere il regime dell’apartheid a modificare le sue politiche. La sua voce si aggiunse a quelle di altri influenti attivisti e organizzazioni in tutto il mondo che chiedevano boicottaggi e sanzioni come mezzo per isolare il governo sudafricano e spingerlo verso il cambiamento.
Nel 1964, durante una visita a Londra, Marlon Brando chiese a registi, attori e produttori di impedire la proiezione dei loro film nel Sudafrica segregazionista. Partecipò a conferenze con figure impegnate nella lotta contro l’apartheid, come Abdul Samad Minty (all’epoca segretario onorario del British Anti-Apartheid Movement) e prese parte a una veglia fuori dalla South Africa House, chiedendo il rilascio dei prigionieri politici. Nel 1975, partecipò a un raduno di protesta contro gli investimenti statunitensi in Sudafrica e per il rilascio di Nelson Mandela.
La lotta di Brando contro l’apartheid lo vide collaborare e formare alleanze con altri attivisti, artisti e leader politici impegnati nella stessa causa. Questa rete di solidarietà e supporto reciproco contribuì a intensificare la pressione internazionale sul Sudafrica e a mantenere alta l’attenzione sulle sofferenze inflitte dal regime di segregazione.
La fine dell’apartheid nel 1994 e l’elezione di Nelson Mandela come primo presidente nero del Sudafrica furono il culmine di decenni di lotta, a cui Brando, insieme a tanti altri, aveva contribuito.
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Europa19 Dicembre 2024La doppia vita di Solomon Perel, nella Hitlerjugend per sopravvivere all’Olocausto
- Centro e Sud America18 Dicembre 2024Le tre sorelle che hanno fatto cadere il dittatore dominicano Trujillo
- Oceania18 Dicembre 2024Come i Māori hanno salvato la loro lingua dall’estinzione
- Africa18 Dicembre 2024Il primo genocidio per mano tedesca ebbe luogo in Africa