L’elogio dell’antieroe ne “Il disertore” di Winifred M. Letts

Quando si pensa alla Prima Guerra Mondiale, l’immagine classica è quella del soldato che combatte con coraggio, avanza tra il fango e resiste sotto il fuoco nemico. La propaganda dell’epoca ha costruito un ideale di eroe che si sacrifica per la patria, senza esitazioni. La realtà, però, era molto più complessa. Non tutti riuscivano a reggere la pressione del fronte.

Winifred M. Letts affronta proprio questo tema nella poesia The Desertor, “Il disertore”. È la storia di un uomo che, di fronte alla paura della morte, sceglie di fuggire. Il punto di vista della poetessa è chiaro fin dall’inizio: non c’è condanna, ma una domanda implicita. Chi può giudicarlo?

Di seguito riportiamo il testo integrale originale e in fondo all’articolo, dopo la nota biografica sull’autrice, una nostra libera traduzione.

There was a man, – don’t mind his name,
Whom Fear had dogged by night and day.
He could not face the German guns
And so he turned and ran away.

Just that – he turned and ran away,
But who can judge him, you or I ?
God makes a man of flesh and blood
Who yearns to live and not to die.

And this man when he feared to die
Was scared as any frightened child,
His knees were shaking under him,
His breath came fast, his eyes were wild.

I’ve seen a hare with eyes as wild,
With throbbing heart and sobbing breath.
But oh ! it shames one’s soul to see
A man in abject fear of death,

But fear had gripped him, so had death;
His number had gone up that day,
They might not heed his frightened eyes,
They shot him when the dawn was grey.

Blindfolded, when the dawn was grey,
He stood there in a place apart,
The shots rang out and down he fell,
An English bullet in his heart.

An English bullet in his heart!
But here’s the irony of life, –
His mother thinks he fought and fell
A hero, foremost in the strife.

So she goes proudly; to the strife
Her best, her hero son she gave.
O well for her she does not know
He lies in a deserter’s grave.

Un soldato senza nome

Il protagonista del poema non ha un nome. Un dettaglio importante, perché lo rende un simbolo di tutti i soldati che si sono trovati nella stessa situazione.

LEGGI ANCHE:   La tregua di Natale del 1914, quando la guerra si fermò per una notte

“Just that – he turned and ran away.”

La frase è secca, quasi brutale. Non c’è nessuna giustificazione, nessun tentativo di raccontare il contesto. L’uomo fugge, e tanto basta. Ma subito dopo, Letts introduce il tema centrale della poesia:

“Who can judge him, you or I?”

L’autrice porta il lettore su un piano diverso. Possiamo davvero giudicare qualcuno che ha paura di morire?

“God makes a man of flesh and blood / Who yearns to live and not to die.”

Questa è una verità di base: gli uomini vogliono vivere. La guerra, però, pretende l’opposto. Chiede ai soldati di ignorare il proprio istinto di sopravvivenza e andare incontro alla morte. Alcuni ci riescono, altri no.

“Il disertore” (1917) di Il’ja Efimovič Repin, pittore e scultore russo di origine ucraina.

Dalla fuga alla fucilazione

La struttura del poema è chiara e lineare. Dopo la fuga, arriva la punizione: il soldato viene catturato, processato e giustiziato.

“They shot him when the dawn was grey.”

Non c’è alcuna drammatizzazione. Il verso è quasi burocratico, come lo era la procedura militare dell’epoca. Le esecuzioni per diserzione erano rapide, prive di appello.

“An English bullet in his heart.”

Qui sta il vero paradosso. Il soldato non muore per mano del nemico, ma dei suoi stessi commilitoni. Questo elemento rende la vicenda ancora più amara: la guerra non punisce solo chi combatte, ma anche chi cerca di sottrarsi.

L’inganno della memoria

L’ultimo passaggio della poesia è il più tagliente. La madre del soldato non sa la verità.

“His mother thinks he fought and fell / A hero, foremost in the strife.”

Lei crede che suo figlio sia morto da eroe, e nessuno le dirà il contrario. La guerra ha bisogno di raccontare storie di coraggio, non di paura.

LEGGI ANCHE:   L'Italia ha perso la grande occasione di dire addio alle armi nucleari USA sul proprio territorio

“O well for her she does not know / He lies in a deserter’s grave.”

Meglio così, dice la poetessa. Meglio che la madre continui a credere alla versione ufficiale, piuttosto che scoprire che suo figlio è stato giustiziato come un vigliacco.

Un ribaltamento della narrativa della guerra

La poesia di Winifred M. Letts si inserisce in una tradizione letteraria che, dopo la Prima Guerra Mondiale, ha iniziato a mettere in discussione l’idea romantica del soldato-eroe.

Altri autori come Wilfred Owen e Siegfried Sassoon hanno raccontato la guerra dal punto di vista di chi la viveva, senza filtri propagandistici. Letts, però, fa un passo ulteriore: non parla del coraggio, ma della paura.

Il poema non chiede al lettore di compatire il soldato, né di ammirarlo. Si limita a raccontare la sua storia, lasciando aperta la domanda iniziale: chi può giudicarlo?


Winifred M. Letts

Winifred M. Letts (1882-1972) è stata una poetessa, scrittrice e drammaturga anglo-irlandese, particolarmente nota per le sue opere sulla Prima Guerra Mondiale. Durante il conflitto, lavorò come infermiera volontaria in ospedali militari, un’esperienza che le permise di vedere da vicino le sofferenze dei soldati, non solo fisiche ma anche psicologiche.

A differenza di molti poeti di guerra dell’epoca, che scrivevano direttamente dal fronte, Letts racconta la guerra vista da chi assisteva i reduci, da chi raccoglieva le loro storie, da chi vedeva i giovani partire pieni di entusiasmo e tornare segnati per sempre. Le sue poesie non celebrano la guerra, né la condannano in modo ideologico, ma ne mostrano il lato umano, quello fatto di paura, solitudine e silenziose tragedie.

Il suo interesse per i soldati dimenticati – quelli che tornavano feriti nel corpo e nella mente, quelli che venivano giudicati per non aver saputo reggere la pressione – emerge con forza nel poema presentato oggi, “Il disertore”, dove sceglie di raccontare la storia di un disertore senza moralismi, ma con un profondo senso di empatia.

LEGGI ANCHE:   Il diritto alla pace è una cosa seria

Il disertore (una nostra libera traduzione)

C’era un uomo – non importa il nome
che la Paura braccava notte e dì.
Non seppe affrontare i cannoni tedeschi
e così si volse e fuggì.

Solo questo – si volse e fuggì,
ma chi può giudicarlo, tu o io?
Dio fa l’uomo di carne e sangue,
che anela a vivere, non a morir via.

E quest’uomo, temendo la morte,
era impaurito come un bimbo smarrito,
le ginocchia tremavano sotto di lui,
il respiro affannoso, lo sguardo impietrito.

Ho visto una lepre con occhi così,
il cuore che batteva, il fiato spezzato.
Ma oh! che vergogna per l’anima vedere
un uomo dal terrore annientato.

Ma la paura l’aveva afferrato, e la morte con lei;
quel giorno il suo numero era segnato.
Non ascoltarono il grido nei suoi occhi,
quando l’alba livida lo ha fucilato.

Bendato, mentre l’alba sorgeva,
stava lì, isolato dal resto,
gli spari rimbombarono e giù cadde,
un proiettile inglese nel petto.

Un proiettile inglese nel petto!
Ma ecco l’ironia crudele del destino –
sua madre lo crede caduto in battaglia,
un eroe, tra i primi nel suo cammino.

E così va fiera, col cuore pieno,
ha dato alla guerra il suo figlio migliore.
Bene per lei che non può sapere
che giace in una tomba d’ignominia e orrore.


Profilo dell'autore

Redazione
Redazione
Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.