di Joshua Evangelista Nell'aprile del 2015, l'Huffington Post aveva pubblicato un'inchiesta sui progetti di sviluppo della Banca mondiale nei paesi poveri e su come questi "lasciassero una scia di miseria nel mondo". Condotta intersecando infografiche, video e foto, l'inchiesta si concentrava sull'impatto dei progetti della Banca mondiale sulle popolazioni di cinque paesi: Etiopia, India, Perù, Kosovo e Honduras. Il progetto era parte di un'ampia indagine dell'International Consortium for Investigative Journalism (ICIJ) dal nome assai evocativo: Evicted and Abandoned. La tesi alla base del lavoro del team investigativo era che negli ultimi dieci anni i progetti finanziati dalla Banca mondiale avessero "fisicamente o economicamente costretto 3,4 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, a perdere le proprie terre e a subire un danneggiamento dei propri mezzi di sussistenza". Coinvolgendo più di 50 giornalisti da 21 paesi, il…
È necessario definire l’identità? Quale può essere il contributo che questo esercizio può dare alla compressione del fenomeno migratorio? Affrontare un tema così complesso comporta certamente dei rischi, ma consente di riflettere su una realtà che spesso si tende da più parti a generalizzare, con il rischio di vedere solo alcuni aspetti e non vederne, in filigrana, altri. di stefano rota, associazione transglobal “I’ve nothing to lose, beta day i seek for” post su Facebook di E.G.F., richiedente asilo diniegato, ma ostinatamente presente In due articoli recenti (Cittadinanza postmigratoria e Demos migrante), ho provato a mettere in evidenza alcuni aspetti dell’attuale fenomeno migratorio sulla base di presupposti che, al netto del limite oggettivo che il mio punto di vista riesca a esprimere, tentano di contribuire, in qualche misura, all’ampliamento della visuale…
Di Aliza Goldberg - Traduz. dall’inglese di Annamaria Bianco Siamo continuamente esposti alle loro immagini: sono lì, che si affollano sul bagnasciuga dopo lo sbarco, camminano in massa in una strada polverosa, dormono a gruppi in una tenda-riparo per rifugiati. Sono i profughi siriani, in fuga da una guerra civile che dura da cinque anni, ma le loro foto somigliano a quelle degli anni Settanta e Ottanta, quando erano i rifugiati vietnamiti a scappare da una guerra decennale. A settembre 2015, il presidente Barack Obama ha annunciato che gli Stati Uniti avrebbero accolto 10.000 rifugiati siriani in un anno. I Governatori di 31 dei 52 stati degli USA, in tutta risposta al piano di reinsediamento del presidente, hanno negato il posto ai rifugiati. Ciononostante, i 10.000 rifugiati sono comunque riusciti…
di Joshua Evangelista Jeremy Scahill non si è mai fatto intimorire dall'effige salvifica del premio Nobel per la pace. Se c'è qualcuno che è riuscito a raccontare la continuità strategica delle campagne militari di Bill Clinton, Bush jr e dell'ex senatore dell'Illinois, quello è sicuramente lui. Nelle 642 pagine di Dirty Wars, the World is a battlefield (2013, incredibilmente mai tradotto in italiano) Scahill racconta con la precisione dello storico e il piglio del giornalista investigativo tutte le guerre segrete condotte dagli Stati Uniti dopo l'11 settembre. Il libro è diventato anche un film candidato agli Oscar come miglior documentario (spettacolare e coinvolgente ma decisamente meno accurato). Inviato di guerra di lungo corso e, insieme a Glenn Greenwald, anima dell'Intercept, Scahill sceglie il punto di vista delle vittime per dimostrare, numeri alla mano, che i targeted killings di Obama…
di Fabio Polese* Sono passati più di 17 anni dal Good Friday Agreement, gli accordi di pace firmati nell’aprile del 1998 dal governo britannico ed irlandese e dieci da quando l’Irish Republican Army (IRA) ha annunciato l’inizio della distruzione degli armamenti. Il 28 luglio di dieci anni fa l’Ira, con un comunicato storico, annunciava l’inizio dello smantellamento del proprio arsenale. «Il comando della Oglaigh na hEireann – IRA in gaelico - ha formalmente ordinato la fine della campagna armata. Tutte le nostre unità hanno ricevuto l’ordine di deporre le armi». La distruzione completa dell’arsenale – quasi tutto di provenienza libica -, era stata confermata il 26 settembre successivo dal generale canadese John De Chastelain, capo degli osservatori internazionali. «Siamo pienamente soddisfatti del lavoro svolto – aveva detto l’osservatore - e…