Boualem Sansal, scrittore algerino, che quest’anno ha vinto il Friedenspreis (Premio della pace), ha affermato: «La Primavera araba non è ancora cominciata. I grandi problemi sono ancora irrisolti. E non si tratta solo dei dittatori, che naturalmente debbono scomparire. No, c’è la questione della cultura e quella dell’islamismo».
Sansan, quasi alla soglia dei 61 anni, risiede a Boumerdès, una città sul mare a circa 40 chilometri da Algeri. E’ stato licenziato nel 2003 dal suo posto di direttore generale del ministero dell’Industria per via delle molte critiche dei suoi libri verso il regime del presidente Bouteflika. La moglie, docente, ha perso il lavoro; il fratello, proprietario di una piccola attività commerciale, è stato costretto a chiudere.
Nonostante tutto ciò, Sansal non vuole saperne di lasciare l’Algeria: «Voglio aiutare a preparare la riconquista della democrazia dopo tanti anni di menzogne. Ai giovani viene insegnata una storia ufficiale totalmente falsa. E in più pesa su di loro il pericolo della propaganda fanatica dell’islamismo estremista».
Sansal, autore di sei romanzi e di molti saggi, ha provato enorme felicità nel momento in cui gli è stata rivelata la notizia del premio: «Soprattutto perché la Germania, come gli altri Paesi europei, finora non riconoscevano i movimenti democratici del Nordafrica, anzi intrattenevano buoni rapporti con i dittatori».
Ha sempre preferito scrivere i suoi libri in lingua francese e da sempre non accetta l’arabizzazione del paese. Nel romanzo intitolato «Il villaggio del tedesco», ha introdotto un paragone tra l’islamismo jihadista e il nazismo. «Studiando il Terzo Reich, ho visto che là c’erano gli stessi ingredienti che ritrovo nel mio Paese e negli altri regimi arabi. E sono: partito unico, militarizzazione del Paese, lavaggio del cervello, falsificazione della storia, affermazione dell’esistenza di un complotto (i principali colpevoli sono Israele e l’America), glorificazione dei martiri e della guida suprema del Paese, onnipresenza della polizia, grandi raduni di massa, progetti faraonici di opere pubbliche (come la terza moschea più grande del mondo costruita dal presidente Bouteflika). Solo quando gli algerini, i tunisini, gli egiziani, i libici si saranno liberati da questo castello di menzogne, solo allora potrà cominciare la Primavera araba. Per questo rimango in Algeria».
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