L’8 marzo delle donne afgane

 

Oggi ricorre la giornata internazionale della donna, per la strada si possono osservare donne e ragazze con in mano qualche piccolo ramo di mimose, fiore simbolo di questa festa. Nonostante non si possa certo dire che una parità di genere sia stata ancora raggiunta, molti sono stati i progressi che le donne hanno fatto verso l’emancipazione e molte altre sono state le conquiste sociali ed economiche. Oggi è la loro festa, la festa delle nostre madri, delle nostre sorelle, mogli, fidanzate ed amiche, ma è anche la festa di chi elude il pronome possessivo e di chi non ha nulla da festeggiare perché il loro genere in alcune culture e in alcuni paesi è ancora considerato un crimine implicito o una vergogna. Questo è il caso ad esempio delle donne dell’Afghanistan che ancora oggi dopo undici anni dalla caduta del regime dei talebani, soffrono per il semplice fatto di essere nate donne. La storia di Sahar Gul ne è un triste esempio, solo uno dei migliaia di casi di abuso sommersi da un oceano di silenzio.

Il 27 Dicembre 2011, la polizia della Provincia di Baghlan ha scoperto che una ragazzina appena quindicenne, Sahar Gul, era stata a lungo imprigionata in una cella buia all’interno della casa di suo marito. Sette mesi prima Sahar era stata infatti obbligata ad un matrimonio forzato. La polizia ha riferito che la ragazza è stata imprigionata, torturata e violentemente picchiata dal marito e dalla famiglia di quest’ultimo dopo essersi rifiutata di prostituirsi per guadagnare soldi.

Quando è arrivata all’ospedale Sahar era in condizioni molto critiche. I dottori hanno riferito che la ragazza riportava molteplici ferite, inclusa una spalla rotta e un trauma cranico. I suoi aguzzini sono persino arrivati a strapparle alcune unghie.

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Soraya Dalil, supervisore del Ministero della Salute, ha riferito ai giornalisti che le condizioni psicologiche della ragazza dovrebbero migliorare in qualche mese, ma che le conseguenze dello shock subito potrebbero perdurare tutta la vita.

Ciò che è accaduto a questa ragazzina, il suo matrimonio forzato, la tortura e l’abuso, è solo uno dei tanti esempi di violazione dei diritti umani in Afghanistan. Nonostante il Presidente della Provincia abbia visitato Sahar all’ospedale ed abbia ordinato che la famiglia di aguzzini venisse perseguita dalla legge, casi come questo si sono verificati migliaia di volte in precedenza e la maggior parte delle volte queste persone rimangono impunite.La tragica storia di Sahar Gul è solo una delle migliaia di storie di tortura ed abuso sperimentato quotidianamente dalle donne in Afghanistan. A causa del conservatorismo tradizionale, infatti, la maggior parte di queste storie continuano ad essere tenute nascoste. Cercare giustizia per le torture e le sofferenze patite le esporrebbe solo ad ulteriori ingiustizie.

La violenza contro Sahar Gul è stata largamente riportata dai media e dagli attivisti per i diritti umani. Ancora una volta, la preoccupazione per i diritti delle donne in Afghanistan è stata espressa più forte che mai.

Lo scorso mese l’ufficio di UNAMA (missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan) ha criticato il governo afghano per la limitata applicazione della “legge per l’eliminazione della violenza contro le donne”. Secondo un rapporto dell’UNAMA, infatti, dei 2.299 casi riportati di violenza sulle donne registrati tra Marzo 2010 e Giugno 2011, solo in 26 casi i criminali sono stati processati; Sempre secondo lo stesso rapporto, solo il 7% dei criminali sono stati condannati dalla corte afghana.

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Promulgata nel 2009, la legge per “l’eliminazione della violenza sulle donne” proibisce più di venti tipi di violenza, incluso il matrimonio forzato, il matrimonio con minorenni, l’induzione al suicidio, ogni tipo di scambio di donne per risolvere dispute tra famiglie, lo stupro e la violenza fisica.

La Commissione per i diritti umani in Afghanistan afferma che ci sono stati 1.026 casi di violenza sulle donne nei soli primi sei mesi dello scorso anno. Nella maggior parte dei casi le donne hanno paura di sporgere denuncia, a causa del timore di essere punite. Un altro rapporto del 2011, mostra come l’87% delle donne in Afghanistan abbia subito nel corso della propria vita violenze fisiche, psicologiche, stupro e/o matrimoni forzati.

E’ tuttavia tristemente noto che chi viola i diritti delle donne in Afghanistan non è ritenuto responsabile dei propri crimini. Secondo una ricerca di alcune organizzazioni per i diritti umani, il 39% delle persone accusate di stupro e violenza sono protetti da persone potenti e localmente influenti. Tali individui appaiono quindi immuni a qualsiasi tipo di giustizia. La debolezza del sistema giuridico in Afghanistan ha portato le persone ad attenersi alle leggi tribali e alla tradizione, le quali sono note per essere orientate contro le donne.

Soluzioni alternative alla punizione dello stupro, presente soprattutto nella società tribale afghana, sono il matrimonio della vittima con lo stupratore, il pagamento di una somma di denaro alla famiglia della vittima, l’accusa di adulterio nei confronti della vittima, o l’omicidio stesso della vittima accusata di disonore verso la famiglia.

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Profilo dell'autore

Basir Ahang
Basir Ahang è nato in Afghanistan a Kabul ma dal 2008 vive e lavora in Italia. Giornalista di professione si occupa prevalentemente di Afghanistan e diritti umani con un’attenzione particolare alla situazione dei rifugiati e delle donne. Ha collaborato con diversi giornali e agenzie internazionali. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su BBC persian, Al Jazeera e Deutsche Welle. Basir Ahang si occupa anche di poesia e di cinema. Molte delle sue poesie sono state tradotte in italiano e in inglese. Attualmente collabora con diversi siti di informazione come frontierenews.it, kabulpress.org e hazarapeople.com
di cui è anche direttore.

Sito personale di Basir Ahang : http://www.basirahang.com
Twitter: @Basirahang

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