Rapporto Amnesty: Somalia, le vittime del conflitto sono i bambini soldato

di Massimo Maravalli

Non c’è pace per la Somalia, dopo l’appello lanciato domenica scorsa da Benedetto XI per richiamare, giustamente, l’attenzione internazionale sulla calamità naturale che sta affliggendo il corno d’Africa e il “grido” d’allarme che l’ONU si sta apprestando a lanciare per rappresentare la gravissima condizione in cui si trovano le popolazioni colpite dalla più grande siccità degli ultimi sessant’anni, Amnesty International nei giorni scorsi, ha stilato un rapporto dettagliato nel quale denuncia pesanti crimini di guerra che si stanno compiendo nei confronti di bambine e bambini somali.

Breve cronostoria di un conflitto perenne. Nel 1969 il presidente somalo Shermarke viene assassinato da una delle sue guardie del corpo e pochi giorni dopo il generale Mohamed Siad Barre va al potere con un golpe militare. In seguito il dittatore dichiara la Somalia stato socialista e nel 1974 aderisce alla Lega Araba. Iniziarono a formarsi le prime organizzazioni di guerriglieri ed ebbe inizio una guerra civile con diversi contendenti. Nel 1988 il Movimento Nazionale Somalo (MNS) scatena un’offensiva nel nord del paese. Siad Barre risponde bombardando la regione facendo molte vittime e centinaia di migliaia di sfollati. E’ la prima vera sfida al regime. Nel 1990 a Mogadiscio scoppia una rivolta armata e Siad Barre si rifugia all’estero. In Somalia scoppia una nuova guerra tra bande rivali per la conquista del potere. Il conflitto diventa sempre più disordinato e violento, culminando nella battaglia di Mogadiscio. Nel 1995 Le forze Onu si ritirano definitivamente. Il 2004 la IGAD elegge un parlamento federale e un governo di transizione. Nel 2006, dopo sedici anni di guerra tra di loro, i “signori della guerra uccisero autorità religiose o persone ufficialmente legate ad al-Qaida. La guerra continua ancora oggi e sembra non avere fine.

Amnesty International. Nella sua relazione Amnesty International segnala, oltre al massiccio arruolamento forzato di giovani soldati di età inferiore ai quindici anni da parte dei gruppi armati islamisti, anche il sempre più negato accesso all’istruzione e le molte uccisioni compiute dagli stessi con attacchi sommari in aree molto popolate. Il resoconto analizza un campione di oltre duecento testimonianze di rifugiati somali. I profughi attualmente si troverebbero in Kenya e a Gibuti. Molti, tra cui adulti e bambini, hanno affermato di essere stati costretti a fuggire dalle regioni centromeridionali proprio per evitare l’arruolamento da parte delle frange armate. Il numero dei bambini arruolati è in crescita costante e fra questi anche bambine. Si proprio così, le bambine si ritrovano a dover abbracciare un’arma anziché una bambola e, quelle volte che non vengono arruolate, il più delle volte sono costrette con la forza a sposare o esaudire i desideri dei guerriglieri di Al-Shabab.

Baby soldato. Una bambina tredicenne di Mogadiscio ha raccontato: “Quelli di al-Shabab sono arrivati una mattina. Hanno detto agli insegnanti che tutti i bambini dovevano essere fatti uscire dalle aule. Un insegnante ha rifiutato di obbedire ed è stato ucciso. Era coraggioso, era uno di quelli che stavano dalla parte dei diritti delle bambine”. Michelle Kagari, vicedirettore per l’Africa di Amnesty International ha dichiarato: “Quella della Somalia non è solo una crisi umanitaria. È una crisi dei diritti umani e una crisi delle bambine e dei bambini”. Ha poi spiegato: “Se sei un bambino in Somalia rischi la vita in ogni momento: puoi essere ucciso, reclutato e spedito al fronte, punito da al-Shabab perché ti hanno trovato mentre ascoltavi musica o indossavi “vestiti sbagliati”, costretto ad arrangiarti da solo perché hai perso i genitori o puoi morire perché non hai accesso a cure mediche adeguate”. Ha poi concluso – “Questo è un conflitto senza fine, in cui ogni giorno i bambini vivono orrori inimmaginabili. Il rischio di diventare una generazione perduta è concreto, se il mondo continuerà a ignorare i crimini di guerra che colpiscono così tanti di loro”.

La convenzione di Ginevra (1949) e la Risoluzione ONU (1998). La IV Convenzione di Ginevra fa espresso riferimento alla situazione dei minori in guerra e stabilisce che le parti coinvolte nel conflitto debbano tutelare i minori che sono rimasti orfani o separati dalle rispettive famiglie (art. 24) e si prevede che le stesse parti in conflitto debbano loro garantire, per quanto possibile, il mantenimento oltre che l’accesso alla scuola (art. 50). Nei Protocolli aggiuntivi del 1977 c’è un ulteriore riferimento ai diritti dei minori in riferimento allo sgombero dei fanciulli nel corso dei conflitti (art. 78) e, per la prima volta in un trattato internazionale si fa riferimento ai bambini soldato (art. 77). La stessa Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989, all’art. 22 vieta l’arruolamento dei minori che non abbiano compiuto il quindicesimo anno di età. Quasi 10 anni dopo, lo Statuto della Corte Penale Internazionale del 1998 prevede la penalizzazione dell’arruolamento dei minori di 15 anni come crimine di guerra.


1 Comment

  • Convenzione di Ginevra, Risoluzione ONU, Dicharazione dei Diritti Umani, Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo…tutte chiacchiere… non credo più ai Governi nè a queste organizzazioni governative e non … dobbiamo attivarci noi cittadini e spingere i Governi Internazionali a usare i soldi per far mangiare i bambini, a interrompere immediatamente le guerre e a mettere in galera a vita i dittatori .. l’Africa muore di fame ma i suoi leaders nuotano nell’oro… tutto questo accade perché ai governi occidentali fa comodo… ai vertici del potere sono tutti d’accordo… non ci raccontassero balle…

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