Disastro ambientale nel Delta del Niger, la Shell ammette le sue colpe

di Valentina Severin

Alla vigilia della presentazione del rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), la multinazionale petrolifera anglo-olandese Shell ha ammesso la propria responsabilità nei due incidenti che nel 2008 e nel 2009 devastarono il territorio del Delta del Niger, occupato dalla popolazione Ogoni.

DISASTRO AMBIENTALE. Secondo lo studio dell’UNEP, finanziato dal colosso petrolifero stesso e presentato il 4 agosto al Presidente nigeriano Goodluck Jonathan, l’entità del disastro causato dalla copiosa fuoriuscita di petrolio nei due incidenti potrebbe essere maggiore che nel caso della petroliera Exxon Valdez, che nel 1989 riversò 41 milioni di litri di oro nero nel Mare dell’Alaska, finora considerato il più grave incidente della storia prima di quello dello scorso anno della British Petroleum nel Golfo del Messico.

IL RAPPORTO UNEP. La relazione dell’UNEP è la prima del suo genere in Nigeria e si basa su un’approfondita ricerca scientifica portata avanti per due anni. “Questo rapporto prova che Shell ha avuto un terribile impatto in Nigeria, ma l’ha sempre passata liscia negandolo per decenni, sostenendo di rispettare i migliori standard internazionali”, ha affermato Audrey Gaughran, responsabile del settore Imprese e Diritti Umani di Amnesty International, che ha studiato gli effetti dell’inquinamento del Delta del Niger sulla qualità di vita della popolazione.

Il greggio fuoriuscito dagli oleodotti Shell ha devastato un’area di 20 chilometri quadrati, dalla quale dipende la sopravvivenza dei 69 mila membri della comunità Bodo e di altri 30 insediamenti. Sono state le popolazioni locali a intentare causa al colosso anglo-olandese che, oltre a non alzare un dito per ripulire il territorio, ha tentato di liquidare la questione offrendo alle comunità 4 mila euro, 50 sacchi di riso, 50 sacchi di fagioli e qualche confezione di zucchero, pomodori e olio di arachidi. La proposta “offensiva, provocatoria e misera” è stata rigettata dagli abitanti della zona, che pretendono la bonifica dei corsi d’acqua e dell’area contaminati, un’equa redistribuzione dei proventi dell’estrazione dell’oro nero e il risarcimento per i danni subiti.

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PERICOLO PER LA POPOLAZIONE. Una delle conseguenze più gravi della fuoriuscita di greggio è la forte contaminazione dell’acqua potabile, che sta esponendo la popolazione a forti rischi. Alcune rilevazioni hanno constatato la presenza, nell’acqua, di elementi cancerogeni in quantità 900 volte superiore alle linee guida fissate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il rapporto UNEP stima che siano in media tre al giorno le fuoriuscite di greggio negli impianti, non solo di Shell ma anche delle altre compagnie che lavorano nella zona. Lungi dall’assumersi le proprie responsabilità, la compagnia anglo-olandese ha sempre incolpato di sabotaggio i gruppi ribelli che si battono per una più equa distribuzione dei profitti dell’industria petrolifera.

Dalle ricerche dell’UNEP, invece, emerge la sistematica incapacità di Shell di contenere le perdite di greggio: gli esperti inviati dalle Nazioni Unite hanno constatato che i siti che la multinazionale ha sostenuto di aver ripulito sono tutt’ora contaminati.

L’INDUSTRIA PETROLIFERA IN NIGERIA. L’avviamento dell’industria petrolifera del Delta del Niger risale al 1958, quando Shell British Petroleum (ora Royal Dutch Shell) scoprì la presenza di greggio a Oloibiri. Oggi l’industria petrolifera, che coinvolge tanto il Governo Nigeriano quanto compagnie multinazionali quali Shell, Eni, Chevron, Total, ExxonMobil, e compagnie nigeriane, controlla la maggior parte del Delta e Shell, da sola, opera su un’area di oltre 31 mila chilometri quadrati. In Nigeria petrolio e gas rappresentano il 97% dei profitti derivanti dallo scambio con l’estero e contribuiscono per il 79,5% alle entrate del Governo.

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Secondo il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), più del 60% della popolazione della regione dipende per la propria sopravvivenza dall’ambiente naturale. Ancora l’UNDP ha segnalato che tra il 1976 e il 2001 sono state registrate più di 6.800 fughe di greggio, con una perdita di circa 3 milioni di barili di petrolio, ma gli esperti ritengono che i dati possano essere inferiori a quelle reali.

SHELL E IL GOVERNO NIGERIANO. Come se non bastasse, Shell è stata anche accusata di complicità con il regime militare dell’ex Presidente nigeriano Sani Abachi nell’assassino dello scrittore ecologista Ken Saro-Wiwa e di altri esponenti del Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni (MOSOP), avvenuto nel 1995. Per sottrarsi al processo, il colosso petrolifero ha patteggiato un risarcimento di 15,5 milioni di dollari.

Non meno colpevole sarebbe l’attuale Governo nigeriano che, da quanto denuncia il rapporto dell’UNEP, è incapace di regolamentare e controllare l’attività di compagnie petrolifere: i regolatori nigeriani sono deboli e gli enti che dovrebbero monitorare le perdite di petrolio in Nigeria spesso dipendono completamente dalle compagnie petrolifere.

Il Governo Nigeriano, le compagnie e i loro Governi, come Gran Bretagna e Olanda, hanno tutti beneficiato dell’estrazione petrolifera nel Delta del Niger e ora, ha concluso Amnesty International, devono farsi carico il processo di riabilitazione sociale e ambientale.


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