Il popolo russo in questi giorni si è recato alle urne per eleggere i deputati della Duma, la Camera bassa del Parlamento. Sabato, presentandosi al Seggio, il Primo ministro della Federazione Russa Vladimir Putin si è detto sereno e certo della tenuta del partito Russia Unita, tra le cui file figura, oltre allo stesso premier, anche il Presidente Dimitrij Medvedev.
A sua volta, quest’ultimo, accompagnato dalla consorte Svetlana, si è recato alle urne, vestito di tutto petto. Ha votato, ha sorriso ai fotografi, ha mostrato il suo “ok” (un modo di fare bizzarro per quegli ambienti, in un inconsueto “american style”). Dopo aver indicato la propria preferenza, anche il Presidente Medvedev ha lasciato il seggio, con un sorriso pacato in volto.
Ora entrambi stanno facendo il conto con dei numeri angoscianti. Quello del loro partito, è un crollo netto, uno schiaffo a mano aperta. La soglia raggiunta in questa prima fase di schede scrutinate è una miseria in numeri: 48,9%, quando, nel dicembre del 2007, il partito della “coppia d’attacco” del governo russo raggiungeva la ragguardevole soglia del 64,3%.
Cosa significa questo in termini “politici”? La sconfitta alle urne potrebbe portare irrimediabilmente la coalizione a perdere la maggioranza costituzionale, perdendo così il potere di agire sull’assetto istituzionale del Paese, e quella assoluta.
In più, a fronte della debacle di Russia Unita, si sta registrando un’impennata delle opposizioni. Pronto a festeggiare, il partito comunista sta raddoppiando i consensi del popolo.
Tutto questo sta accadendo dopo che, nei giorni immediatamente precedenti le elezioni, si sono diffusi sospetti di manipolazioni elettorali, brogli, intimidazioni. L’opinione pubblica ha notato, e a suo rischio denunciato, un’influenza sulla libera espressione del popolo da parte delle forze vicine al ( a questo punto “ex”) partito di maggioranza. Nelle zone più remote del Paese si sono registrati blitz della Polizia per monitorare il voto, indirizzandolo con pressioni esercitate sugli elettori. E, ancora, oscurantismo imposto alla libera attività di blogger, opinionisti, giornalisti.
Forse tutto questo ha permesso a Vladimir Putin, a Dimitrij Medvedev e allo stato maggiore del partito di crogiolarsi nella felice idea della vittoria.
Invece dovranno fare i conti con la stesura delle alleanze, ora fondamentali, a seguito della perdita del consenso. Perché il monopolio sulla Duma (e con esso quello sulla Costituzione e di riflesso sulla popolazione) sta svanendo rapidamente, al ritmo di ogni scheda scrutinata.
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