di Federica Marsi
L’accordo tra Israele e l’Alenia Aermacchi riconferma l’ormai consolidata collaborazione tra l’Italia e lo Stato ebraico. L’azienda del gruppo Finmeccanica si è aggiudicata la gara per la fornitura di 30 aerei da addestramento di tipo M346, togliendo il primato agli A-4 Skyhawks Dowglas di fabbricazione statunitense, forniti da oltre 40 anni, e battendo i T-50 Golden Eagle coreani. Nel quadro di un nuovo programma militare approvato con voto bipartisan, l’Italia si impegna ad acquistare due aerei Awacs Gulfstream 550′ e a collaborare nello sviluppo di veicoli a pilotaggio remoto e dell’aereo multi-sessione e multi-missione Jamms. In cambio Israele fornirà all’Italia importanti componenti militari strategiche per un miliardo di dollari, valore corrispondente alla spesa sostenuta dal governo italiano.
Il direttore generale del ministero della Difesa israeliano Udi Shani ha sottolineato che l’accordo permetterà di finanziare progetti di strategica importanza per la sicurezza di Israele e darà nuovo vigore all’industria di Difesa israeliana. L’accordo è stato accolto con favore anche dal presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, che ha parlato di “grande affermazione non solo per Finmeccanica e Alenia Armacchi, ma per tutto il sistema Paese Italia”.
Tante sono però le critiche riguardo la collaborazione italiana con Israele, consolidatasi nel 2005 con la ratifica del memorandum di intesa del 2003. La legge prevede misure per favorire gli scambi di armi tra Italia e Israele, il trasferimento di tecnologia per la produzione di armamenti, la collaborazione nel campo della formazione e dell’addestramento e l’attuazione di manovre militari congiunte e di “peacekeeping”. Quanti criticano gli accordi militari stipulati dall’Italia, come la rete di organismi per il controllo degli armamenti Rete Disarmo, ne denunciano non solamente l’onerosità delle spese, che nella finanziaria del 2005 ammontavano a 1,7 miliardi di euro, ma la legittimità stessa degli accordi bilaterali che con un paese belligerante, vietati dall’articolo 11 della Costituzione senza l’approvazione degli organismi internazionali. Il sostegno militare ad Israele minerebbe inoltre la credibilità delle truppe italiane come forze di interposizione, come nel caso della Missione Unifil in Libano. A preoccupare è inoltre il coinvolgimento delle forze armate italiane in attività di cui nessuno, neanche il parlamento, è a conoscenza, in virtù della segretezza degli accordi sulla sicurezza. Nel novembre 2004 il “Voice of America” aveva riportato la notizia di un accordo non reso pubblico tra il ministero della Difesa israeliano e il governo italiano, che prevedeva lo stanziamento di 181 milioni di dollari come primo acconto per lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra elettronica.
Nonostante le polemiche suscitate, la ratifica dell’accordo prevista per la metà del 2012 e l’inizio della fornitura dei velivoli nel 2014 sembrano tappe scontate di un’ormai fitta collaborazione tra Italia e Israele.
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