Noi, donne di tanti paesi riunite per l’integrazione in Italia

di Ebla Ahmed

Parlano le responsabili dell’associazione Donne per l’integrazione Italia. Una realtà che ha aiutato tante persone che oggi, però, rischia di scomparire. In questa intervista le conosciamo meglio e raccogliamo la loro denuncia.

Come nasce la vostra associazione e di cosa si occupa?

“L’Associazione Donne per l’Integrazione Italia (sede a Borgomanero in provincia di Novara), è un gruppo di donne straniere che vengono da diversi paesi ed è nata per favorire l’integrazione. Esistiamo dal 2008 e oggi contiamo 40 membri. Sei attivi”.

Dove (e come) trovate i fondi per sostenervi? Lo Stato Italiano vi aiuta?


Organizziamo cene multietniche, vendiamo magliette, oppure riceviamo donazioni al nostro sito www.donneperlintegrazione.org.Purtroppo lo stato Italiano non ci aiuta, anzi a volte sembra che, promuovendo l’integrazione, diamo fastidio a qualcuno”.

Proviamo allora a lanciare un appello a Napolitano e agli italiani, in modo che possano capire meglio la vostra causa…

“Caro Presidente Giorgio Napolitano, perché non ha mai pensato alla naturalizzazione dei figli di stranieri nati in italia? Perché ha iniziato a parlarne solo dopo che Balotelli ha fatto gol in nazionale? Perché i miei figli e i figli degli altri stranieri, nati insieme ai loro coetanei italiani, nello stesso ospedale, che frequentano le loro stesse scuole, parlano con lo stesso accento, non posso avere gli stessi diritti? Perche tutti i soldi dell’ Unione Europea, i fondi dell’ integrazione finiscono sempre nelle tasche dei politici Italiani? 
Perché lei che è la prima carica dello stato, non fa nulla per stimolare l’integrazione che farebbe solo bene a questo“Belpaese”?

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In questi anni di attività, quante persone avete aiutato?

“Oltre 106 donne, più di 50 uomini e tantissimi bambini”.

E’ vero che avete dato sostegno e protezione anche a donne italiane che subivano violenze e venivano picchiate?

“Purtroppo c’è da dire una cosa: le donne italiane le vediamo solo quando hanno bisogno di assistenza fiscale o legale. Mentre le straniere anche per casi seri di violenza. Noi aiutiamo tutti, senza differenza tra italiani e stranieri”.

E’ vero che sostenete tante cause come “L’Italia sono anch’io” e anche campagne contro l’infibulazione?

“Assolutamente sì. Siamo individui, non animali. Sono tutte cause giuste che tutti oggi dovrebbero sostenere, anche se il problema non ti tocca da vicino”.

E’ vero che forse dovrete chiudere perché non riuscite ad andare avanti?

Non ce l’hanno ancora detto chiaramente, ma siamo stati intimidati più volte per il fatto che non abbiamo soldi. Nessuno vuol darci qualche sovvenzione. Come fa lo Stato a non aiutare una associazione come la nostra? Noi continueremo lo stesso a lottare. Andremo avanti con le nostre risorse. Non possiamo arrenderci”.

Pensate che la vostra associazione possa essere un arricchimento per l’Italia? Oppure qualcuno percepisce tali realtà come un problema?

“Per noi è sicuramente un arrichimento, perché non c’e integrazione senza interazione e non c’e cammino senza affiancamento, in un paese che non è il tuo. Noi stranieri andiamo bene solo quando lavoriamo e contribuiamo all’economia italiana, andiamo bene se stiamo al nostro posto e paghiamo le tasse senza rivendicare diritti. Andiamo bene se camminiamo con la testa bassa rispondendo “si signorè”. Vorrei ricordare, appunto, che la schiavitù è stata abolita da piu di 500 anni”.

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Il vostro motto nella vita? Quello che vi dà la forza di non fermarvi?

“L’ unione fa la forza. Uniamoci tutti, italiani e stranieri, per combattere le ingiustizie. I diritti alle persone non hanno nazionalita’. Senza diritti una persona non è libera. Seguiamo l’insegnamento di Gandhi: Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere“.

 


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