Una bevanda dal cactus di Willy il Coyote? Si può fare!

di Antea Paviotti

Lo sapevate che si possono ottenere delle dissetanti bevande anche dal cactus e dalle piante simili? Una di queste è il colonche, di origine preispanica ma bevuto ancor oggi dai tarahumara del Chihuahua e dagli yaquis del Sonora (nordest del Messico). Si ricava dal succo dei frutti del cactus Opuntia, da noi conosciuti come fichi d’india: essi vengono pelati e schiacciati, il succo viene filtrato, lasciato riposare per un paio di ore e fatto fermentare.

Il sahuaro invece è un vino ottenuto dai frutti di cactus di diverso tipo ma soprattutto dal Carnegiea gigantea (il cactus di Willy il Coyote per intenderci). Si raccolgono i frutti e si mescola il loro succo, assieme alle parti verdi, in pentole di terra, dove fermentano per un paio di giorni. È un vino antichissimo, usato per fini cerimoniali fin dal 5000 aC! Oggi viene impiegato nei riti per la pioggia.

È curiosa la modalità di preparazione del sahuaro dei pápagos del Sonora. A metà luglio, essi si spostano nel deserto per sei o otto settimane: raccolgono i frutti del cactus, li lasciano essicare e ne fabbricano sciroppo e vino. L’intera comunità è impegnata in quest’operazione: oltre al capo, quattro persone che sorvegliano le pentole in cui fermenta il vino, un gruppo di cantanti, ballerini e musici (di solito sedici persone), e poi chi mescola, chi assaggia, chi aggiunge l’acqua. Il vino deve fermentare a temperatura e velocità costante, perché tutte le pentole siano pronte allo stesso momento.

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Molti vini sono ottenuti in Mesoamerica a partire dalle piante locali: vino di capulín o Prunus capuli (sorta di ciliegio messicano), di jocote, di pitahaya, di guayaba, di chirimoya, di mezquite, di timbiriche, di maguey naturalmente e anche di ananas e sambuco, ma chi avrebbe pensato che se ne producesse anche dalla salsapariglia tanto amata dai Puffi? Forse i piccoli esserini blu ne sapevano più di quanto crediamo, dal momento che ancor’oggi nel Chiapas maya si produce un vino dalla birra di mais, oppure da un vino di canna da zucchero, e alcuni mazzetti di salsapariglia.


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