Al Cie di Gradisca è stato interrotto lo sciopero della fame dopo più di un mese. Tutto è iniziato il 18 giugno quando tre immigrati hanno cominciato a rifiutare il cibo. Pochi giorni fa hanno posto fine a questa loro protesta per osservare il Ramadan, periodo che il vedrà impegnati ad osservare un digiuno di 40 giorni per motivi religiosi.
A causa dello sciopero della fame, i tre uomini, hanno perso oltre dieci chili e le loro condizioni di salute sono molto precarie. L’ente gestore li monitorava, ma non li ha mai portati in un ospedale. Proprio il 18 giugno un delegazione del Partito Democratico aveva fatto visita al Cie di Gradisca e gli immigrati si erano subito mossi per far conoscere ai parlamentari le loro reali condizioni all’interno del centro.
Dopo la visita dei delegati del PD, i migranti sono stati perquisiti, chiusi in celle e rimproverati per il loro comportamento deplorevole. Addirittura la compagna di uno degli scioperanti, incinta di sette mesi, è stata quasi completamente spogliata e perquisita per poter ottenere solo 5 minuti di colloquio. Un trattamento umiliante che l’ha portata alle lacrime.
Al Cie di Gradisca ultimamente ci sono stati due tentativi di rivolta ed un uomo è finito in ospedale con i calcagni rotti nel tentativo di evadere. Gli “incidenti” quindi sono all’ordine del giorno, ma ormai non fanno più notizia perché vengono considerati la normalità.
Intanto è atteso per questi giorni il giudizio per il ricorso presentato, da alcuni avvocati, per l’adozione di provvedimenti d’urgenza tesi alla chiusura del Cie di Bari. La Regione Puglia e il Comune di Bari si sono schierati a favore della tesi che mira a dimostrare il regime carcerario e disumano all’interno del centro.
Susanna Orlandi
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