di Teodora Malavenda
Andiamo al sud. E ci fermiamo al confine con la Basilicata. Tortora è il primo paese della Calabria nord occidentale con affaccio sul Mar Tirreno. Siamo in una località ricca di storia, cultura e antiche tradizioni, compresa in parte nel Parco Nazionale del Pollino. Proseguendo in macchina, dopo qualche chilometro, scorgiamo l’isola di Dino e la scogliera di Fiuzzi. Di fronte a noi Praia a Mare. È in queste splendide terre che tra qualche giorno si svolgerà la prima edizione de “L’Urlo degli Enotri”, un festival ad alto impatto musicale con stuzzicanti intrusioni enogastronomiche. Direttore artistico della manifestazione, un eclettico Roy Paci, trombettista, compositore, arrangiatore e cantante. L’evento, totalmente gratuito, è stato ideato da alcuni giovani calabresi desiderosi di valorizzare le ricchezze del proprio territorio. Dal 26 al 28 luglio sarà possibile cantare le canzoni di Brunori S.a.S, Clementino, Zen Circus, Colapesce, Kalafro, Teatro degli Orrori e molti altri. Sul lungomare tortorese inoltre, saranno allestiti numerosi stand con in mostra le creazioni degli artigiani locali. Noi di Frontierenews abbiamo curiosato in anteprima nel dietro le quinte più caldo della stagione e tra un riff di chitarra e un giro di basso, abbiamo chiacchierato con Roy. Di musica, politica e sud.
Da Baciamo le mani a Latinista, cos’è cambiato?
Innanzitutto il modo di interpretare la musica. Sono passati quindici anni da un disco all’altro e durante questo lungo periodo non ho mai smesso di sperimentare. Sicuramente nel tempo ho affinato la ricerca e di conseguenza la capacità di comunicare forti emozioni al pubblico si è rafforzata.
Reggae, contaminazioni popolari, musica latina, world, funky: c’è un genere nel quale ti riconosci di più o è solo dal loro mix che trai ispirazione?
Non ho preferenze per nessun genere in particolare. Sono stato sempre contrario alle ghettizzazioni musicali e all’approccio ortodosso. Mi piace mixare i suoni che scopro viaggiando, amo le contaminazioni. Mescolare suoni apparentemente distanti tra di loro mi affascina. È un po’ come fare l’amore e scoprire ogni volta nuove emozioni.
Se dovessi fare un bilancio, daresti più valore all’esperienza di Zelig o all’esperienza con Manu Chao?
Entrambe hanno una loro validità. L’esperienza con Manu Chao è stata molto intensa dal punto di vista musicale. Apprezzo la personalità carismatica di Manu e la sua bravura nel coordinare musicisti con stili e caratteri differenti. Dall’altra parte Zelig mi ha permesso di conoscere i meccanismi che si celano dietro lo schermo. La musica in televisione riveste sempre più spesso un ruolo marginale che la relega ad elemento accessorio e non indispensabile. Ed è un male…
Tu sei trombettista e cantante: quali sono le principali differenze tra queste due facce della tua personalità artistica?
Per quanto mi riguarda non vedo grandi differenze. Io canto come suono, in maniera decisamente dirompente.
Da promoter e organizzatore di eventi musicali, che danno l’opportunità a tanti giovani artisti di esibirsi in grandi palchi, sapresti dirmi il nome di un gruppo o di un artista sul quale punteresti?
Ce ne sono tanti. Non per tirare acqua al mio mulino (ride), ma alcuni artisti prodotti dalla mia etichetta discografica Etnagigante, sono davvero interessanti. Prima di tutto “See you downtown”, portato avanti da un ragazzo catanese che fa elettro-rock. E poi c’è Grazia Negro al suo esordio con il disco “Ragazze Forty”. Questo titolo, tra l’altro, è un gioco di parole relativo al fatto che Grazia è al suo esordio all’età di 40anni. Entrambi sono prodotti che hanno una maturità e una consapevolezza musicale non indifferente.
Una domanda “secca” e forse un po’ troppo ambiziosa: qual è la tua ricetta per uscire dalla crisi?
Bisognerebbe rimpiazzare le vecchie cariche politiche con giovani leve appartenenti ai vari movimenti (artigianato, operaio, studentesco…) piuttosto che a partiti politici. È opportuno eliminare la gerontocrazia, quella che tiene in pugno il popolo mordendolo come fa la iena con la sua preda. So che è un concetto utopico ma forse potrebbe essere un’alternativa.
Dove andrai in vacanza?
La parola vacanza non fa parte del mio vocabolario anche perché non riesco a stare più di due giorni nello stesso posto. Forse a fine anno mi concederò un po’ di relax, magari al sud!
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