Da un rapporto di Medu, Medici per i diritti umani, emerge che nel 2011 sono stati 7735 (6832 uomini e 903 donne) i migranti trattenuti nei Cie italiani e di questi solo la metà, cioè 3880, sono stati rimpatriati . Nonostante la durata massima del trattenimento sia stata estesa da 6 a 18 mesi, il tasso complessivo di efficacia ha registrato un incremento modesto rispetto al 2010, anno in cui ci sono stati 3399 rimpatri su 7039 immigrati trattenuti. Se compariamo il numero effettivo dei rimpatri del 2008, anno in cui i termini massimi di trattenimento erano di 60 giorni, con quelli del 2011 possiamo constatare una diminuzione di più di 400 rimpatri, da 4320 a 3880.
Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medu, dichiara all’Adnkronos : “Siamo preoccupati su due versanti. Innanzitutto rispetto allo scorso anno c’è stato un peggioramento sul fronte dei diritti umani, e lo abbiamo verificato di persona avendo visitato ultimamente i Cie di Roma (Ponte Galeria), Torino, Bologna e Bari e in tutti i centri le condizioni di vita sono disagevoli. In particolare il Cie di Roma si presenta come una struttura fatiscente ed è al primo posto nella triste classifica delle fughe. Sono delle vere e proprie carceri, anzi peggio, perché nei Cie non si svolge alcuna attività (in alcuni vietano anche di avere delle matite o un giornale), inoltre non è possibile parlare con gente esterna che non sia un parente di primo grado, quindi in pratica con nessuno, dato che i parenti vivono solitamente nel Paese di origine”. Attraverso la dichiarazione di Barbieri vediamo come gli uomini trattenuti nei Cie vengano trattati come detenuti e non come ospiti. Le condizioni in cui versano, quindi, si ripercuotono anche sulla loro condizione psicologica. A proposito di questo problema Barbieri aggiunge : “Devastanti sono anche le ripercussioni psicologiche di coloro che chiamano ospiti. Al fallimento del viaggio si aggiunge infatti l’incertezza sul proprio futuro. L’altro aspetto preoccupante riguarda la reale efficienza dei Cie che, ricordo, hanno l’obiettivo di identificare per poi espellere. Per quanto riguarda gli immigrati che arrivano nei centri, ad oggi solo 1 su 2 viene rimpatriato nonostante la detenzione sia stata prolungata a 18 mesi. Ma il dato più preoccupante lo si ricava considerando il numero totale degli immigrati irregolari, che nel nostro Paese è di circa 443.000 (dato Ismu a Gennaio 2011), quindi stando ai dati secondo cui sono 3.880 gli immigrati rimpatriati, ne torna a casa meno dell’1%. L’inefficienza dei centri – conclude Barbieri – è dimostrata dalla serie senza precedenti di rivolte e fughe di massa dell’ultimo anno (787 i migranti fuggiti nel 2011 rispetto ai 321 del 2010).
Un dato che sconcerta è anche l’alto numero di cittadini dell’UE internati nei centri di identificazione ed espulsione. Lo scorso anno, infatti, sono transitati nei Cie ben 494 migranti di origine rumena, terza nazionalità in assoluto per numero di presenze”.
Sulle condizioni alienanti in cui versano i migranti nei Cie si era già espresso giorni fa don Roberto Davanzo affermando : “Chi è trattenuto nei Cie ha commesso reati amministrativi che paga con una reclusione a volte peggiore di quella dei detenuti, perché vissuta nella più totale inedia, in giornate vuote senza senso, senza capire perché sono lì e come faranno a uscirne. Diciotto mesi vissuti lì dentro sono alienanti, annichiliscono le persone e fanno perdere la percezione della propria identità”.
Anche Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato, si è espresso riguardo al problema dei Cie : “i trattenuti vivono in una situazione di promiscuità terribile. Ragazzi fermati senza documenti vivono accanto a persone che provengono dal carcere. Bisognerebbe far sì che i Cie siano la soluzione estrema, favorendo altre soluzioni, come il rimpatrio volontario”.
Susanna Orlandi
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