Roma, agguato razzista nel centro islamico di Tor Pignattara

di Emilio Garofalo


Due giorni fa, anche a Roma è stato rispettato il “digiuno sacro”, il Ramadan. In un piccolo immobile del quartiere Tor Pignattara, in una delle strade che si intersecano a formare la zona periferica a sud della Capitale, via Gabrio Serbelloni, poco dopo le 20, la preghiera della sera è terminata, così come il rituale previsto dal calendario musulmano.

Nel punto di incontro della comunità bengalese, il centro culturale islamico “Masjeed e-Rome”, è il momento della distensione: si ricomincia a mangiare, a bere. Riprendono le normali abitudini, che il credo ha imposto di sospendere per 17 ore. Giunge la sera. Tutto sembra tranquillo.

Poi, improvviso e inaspettato, scoppia il caos. Alcuni bengalesi stanno per cominciare a lavorare (molti sono pronti per il turno di notte): sono raggiunti da due italiani, che si infiltrano tra i musulmani della Comunità. I due inveiscono, lanciano duri improperi. “Questa strada è nostra, non siete mica a casa vostra”.

Il messaggio, urlato in faccia ai fedeli davanti all’ingresso della Moschea, subito si trasforma in un invito a partecipare a quella che sembrerebbe una vera e propria aggressione. Invito prontamente raccolto da una folla di persone che sopraggiunge, e fomenta i loro insulti. A scatenare la rabbia, la tranquillità di Torpignattara spezzata dai rumori della preghiera del venerdì.

Un giorno in cui le strade del quartiere romano sono invase “da tappeti su cui la gente prega, perché dentro la moschea non c’è posto per tutti”.  Un rumore molesto sarebbe anche il canto del Muezzin, che dall’altoparlante annuncia la preghiera con litanie liturgiche. È troppo, per chi, con queste tradizioni straniere, deve compiere lo sforzo di conviverci.

La situazione si fa sempre più concitata, la tensione aumenta al punto che gli anziani musulmani hanno difficoltà a capire quanto stia accedendo. Non riescono a riconoscere i responsabili del gesto, si guardano attorno con grande agitazione, cercano di garantire assistenza e protezione agli altri membri della comunità musulmana. Non vogliono che corrano pericoli.

E intanto, l’aggressione verbale continua. Fino a quando i tentativi di offesa si fanno sempre più violenti e segnano il passo agli insulti. Qualcuno allerta le forze dell’ordine, arrivano i Carabinieri. Strada chiusa al traffico, Moschea evacuata. E tutto pare possa tornare, lentamente, alla quieta normalità.

Ma un coro, in lontananza, fa sì che questo non accada: “Io vi brucio, vi brucio”. Frasi indirizzate alle circa 500 persone che, di lì a breve, usciranno dal “Masjeed e-Rome”. Mentre i fedeli scappano, accorre anchela Polizia, cui è giunta la denuncia di un diverbio scoppiato tra due italiani all’interno della comunità bengalese. Prima una pattuglia, poi un’altra. Alla fine, diverse volanti stazioneranno nei pressi di via Sebelloni.

Ancora una volta, e grazie all’intervento della Polizia, tutto sembra poter tornare alla normalità. Ma poi, di nuovo, l’apparente calma si sgretola. Arriva un uomo, è uscito da un palazzo adiacente alla Moschea, in mano stringe un’ascia, forse una mannaia: nella notte non si distinguono. I vicini lo incitano e lui, troppo rapido anche per le forze dell’ordine, che non riescono ad arginare la sua furia, cerca di infrangere il vetro di una finestra del centro musulmano. Volano pugni e percosse: le violenze saranno denunciate dall’associazione Dhuumcatu.

Alla riapertura, la moschea continua a essere raggiunta dalle bordate di insulti della gente rimasta. La situazione resta tesa, ma il Centro viene riaperto: sul lato opposto della strada un capannello di gente urla ancora. Polizia e Carabinieri restano a presidiare la strada teatro degli scontri ancora per un po’. Ci resteranno fino alla mezzanotte.

Rimasti soli, per i musulmani, è il momento della rabbia, della paura, delle manifestazioni di sdegno. Sono le parole degli anziani a riferire dell’assalto subito, dei sassi lanciati dentro il centro. Un gesto violento, troppo, per poter passare inosservato. Di lì, la decisione di organizzare un corteo. Di comunicare alla Questura gli slogan, “Stop al Razzismo”, “Roma di tutti non dei Razzisti né dei fascisti”, “Roma libera e mia”, per chiederne l’autorizzazione. Se sarà accordata, i musulmani sfileranno la prossima domenica, a partire dalle 18.

È, poi, il momento delle accuse, anche preventive, per il timore che, presto, la comunità bengalese possa subire nuovi attacchi. Un timore fondato, perché, come raccontano alcuni cittadini che, attoniti, si apprestano a rientrare nelle loro case, “stasera è stato come se una rabbia e un’intolleranza covate a lungo trovassero ragione di esplodere”.


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