Uno zainetto nero ed un foglio di via. L’angoscia di non avere un posto dove andare e la consapevolezza di non voler tornare in Marocco, terra natia da cui era emigrato solo cinque anni fa.
È questa la storia del ventenne Abdellaziz T., trovato morto, impiccato ai tubi di una saletta della “Sala Coop”, centro ricreativo di Castel del Rio. Qui, tra le colline di Imola, c’era arrivato perché quand’era arrivato minorenne e senza genitori, l’avevano affidato ad una struttura protetta che si chiamava “Il Veliero”, dove è rimasto fino ai suoi 18 anni.
Poi i problemi con la giustizia, lo spaccio di droga, l’arresto nel luglio scorso, un furto, un biglietto del treno non pagato. Tutti precedenti che hanno decretato il suo non rinnovo del permesso di soggiorno.
Un gesto disperato, una decisione presa lì per lì, su due piedi, quando dopo aver dato una mano alla Sagra del Porcino del paese ha chiesto le chiavi del centro per poter andare a lavarsi. È stato un volontario a trovarlo, appeso a tre metri di altezza, il necessario per quel gesto estremo l’aveva trovato sul posto.
Sono intervenuti carabinieri e Procura, è stato aperto un fascicolo contro ignoti, nonostante non ci siano dubbi che si tratti di un suicidio. L’intera comunità è scossa, in fondo, quel giovane ragazzo marocchino l’avevano adottato, era uno di loro, “gli volevamo bene”, dicono commossi.
Ilaria Bortot
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