Poco meno di 14 milioni di euro: è la cifra che dovrà sborsare il Governo della Corea del Sud, a titolo di risarcimento, in favore delle famiglie di un gruppo di nordcoreani trucidato, tra il 1950 e il 1953, durante la Guerra di Corea. La Corte Suprema di Seul ha accolto le richieste dei 492 querelanti, tutti familiari delle 400 persone che, nel villaggio di Ochang, nella provincia centrale di North Chungcheong, furono giustiziate sommariamente.
Il massacro ebbe luogo a seguito dello scoppio del conflitto tra la Repubblica di Corea, che comprendeva i territori del Meridione, e la parte settentrionale, la Repubblica Democratica Popolare di Corea. Nei primi giorni d’estate del 1950, entrambe le coalizioni governative erano in guerra per il controllo dell’intero territorio del Paese.
A seguito dell’avanzata (e dell’attacco) della Corea del Nord, nel conflitto entrarono anche l’America e la Cina. I primi, sotto la presidenza di Harry Truman, e affiancati dalla Nato, si schierarono a favore della Corea del Sud, laddove la Cina sostenne la Corea del Nord: era il risultato della divisione territoriale imposta, al 38° parallelo, alla Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale. Due stati separati, controllati rispettivamente dal blocco americano e da quello sovietico.
Negli anni che precedettero la firma di un armistizio atto a ristabilire la regolare divisione dei confini, ratificato nel 1953, e per il quale ancora oggi si attende il relativo trattato di pace, il governo della Corea del Sud diede vita a un organismo anticomunista: la Lega Bodo.
Da quel momento in poi, tutta la popolazione, compresa la società civile, gli attivisti e i politici di sinistra, furono costretti ad aderirvi. Chiunque avesse rinnegato l’anticomunismo, sarebbe stato arrestato e ucciso. E sono le pagine di un rapporto ufficiale, redatto nel 2009, a rendere noti identità e numero delle vittime: durante la guerra furono eliminate quasi 5mila persone. Tra queste, ci sono i martiri di Ochang.
In loro memoria, si levarono le scuse ufficiali, nel 2008, dell’allora presidente della Corea del Sud, Roh Moo-hyun. Il leader definì il massacro “una grande tragedia nella storia moderna della nazione”. Una tragedia che, più di mezzo secolo dopo, ha riunito le famiglie delle vittime in un’aula di tribunale: risale, infatti, al 2009 l’avvio di un’azione legale contro lo Stato.
Il processo è proseguito attraverso varie fasi. L’iniziale richiesta di risarcimento è stata accolta da parte del Tribunale distrettuale con un rigetto, motivato con l’avvenuta decorrenza dei termini legali. Ma la decisione è stata successivamente ribaltata dalla Corte suprema di Seoul, secondo cui, invece, il Paese, indipendentemente dai tempi, ha commesso “un grave crimine di guerra contro persone innocenti”. Pertanto, è stata in fine ratificata la condanna: 40milioni di won per ogni ricorrente.
Emilio Garofalo
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