Lo scorso 21 giugno sono state rese definitive le quattro condanne per l’omicidio di Federico Aldrovandi. Oggi, con la sentenza 36280, la Cassazione ne ha sottolineato – in 43 pagine – le motivazioni: i quattro poliziotti condannati – Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri – “posero in essere una azione repressiva estrema e inutile nei confronti di un ragazzo che si trovava da solo, in stato di visibile alterazione psicofisica, errando gravemente nella valutazione dei limiti fattuali”.
Ricostruita anche la dinamica di quanto accaduto la sera del 25 settembre 2005 in via Ippodromo, a Ferrara: “le condotte specificamente incaute e drammaticamente lesive sono state individuate da un lato nella serie di colpi sferrati contro il giovane, dall’altro nelle modalità di immobilizzazione del ragazzo, accompagnate dall’incongrua protratta pressione esercitata sul tronco dell’Aldrovandi”.
“Le condotte poste in essere” – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa – “evidenziano che gli agenti non agirono affatto perché costretti dalla necessità di difendere un proprio diritto”. “I quattro agenti posero in essere una violenta azione repressiva nei confronti di un ragazzo che si trovava solo“.
Nel rapporto dei giudici di piazza Cavour si legge inoltre che “la condotta posta in essere dagli agenti fu sproporzionatamente violenta e repressiva, laddove lo stato di agitazione in cui versava il ragazzo, avrebbe imposto un intervento di tipo dialogico e contenitivo”. Federico Aldrovandi “non poteva e non doveva essere affrontato, nel frangente, con le modalità violente”. Infine è stato anche escluso “che la morte del ragazzo fosse ascrivibile alla sindrome del delirio eccitato o alla assunzione di sostanze stupefacenti“, bensì è stata provocata “da ferita alla testa riportata dal giovane durante la colluttazione con gli agenti”.
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