Cooperativa Alice: il lavoro che rende libere le detenute di San Vittore

di Emilio Garofalo

La funzione della prevenzione speciale della pena è duplice: scongiurare il compimento dei delitti e garantire il reinserimento del reo nella società. Per andare oltre il formalismo di una definizione da manuale universitario, e comprendere così il senso di questi obiettivi costituzionali, basta dare un’occhiata a quanto promosso dalla Cooperativa Alice.

Nasce nel 1992 all’interno del Carcere di San Vittore e gestisce laboratori di sartoria attraverso piani di lavoro e aggregazione tra gli individui. Inseguendo, tra gli altri, l’obiettivo dell’inserimento lavorativo delle persone che soffrono una condizione di restrizione della libertà personale. Un percorso che, condotto con sapiente pazienza e costanza sin dal suo avvio, ha condotto a ottimi risultati.

E, talvolta, persino a esiti felicemente bizzarri. Singolare, ad esempio, il caso delle detenute di San Vittore che, grazie al loro laboratorio, si cimentano da anni nella realizzazione delle toghe destinate a quei giudici che hanno firmato le loro sentenze e che, anche in futuro, continueranno ad applicare la legge vestiti con i capi prodotti da chi, quella legge, non l’ha rispettata.

Ed ecco che, proprio grazie alla Cooperativa Alice, la toga diventa il simbolo del prezzo pagato per quell’errore. Naturalmente, la produzione non si ferma solamente alle divise forensi, ma prevede anche una linea “civile” casual, interamente concepita e realizzata dalle donne che conducono la loro esistenza in una condizione di detenzione.

Sul sito ufficiale di “Alice” si trova un vero e proprio “show-room”: abbigliamento, costumi teatrali, arredamento e prodotti tessili. Detenute che si riscoprono sarte, quindi utili e, in fine, libere. La loro vita, infatti, all’interno del carcere non è più scandita dal lento susseguirsi di ore vuote e nichilistiche ma dalla costante partecipazione ai meccanismi di produzione e di recupero sociale.

La Cooperativa Alice svolge il suo lavoro quotidiano di recupero di quante operano sotto la sua egida, consentendo alle donne di vivere al centro di una crescita sociale e di una valorizzazione delle personali capacità. La loro attività è seguita e indirizzata alla definizione di quei meccanismi utili all’instaurazione di relazioni sociali stabili.

Dopo ormai vent’anni di attività, il gruppo sociale è stato riconosciuto anche dalle amministrazioni che operano a stretto contatto con il sistema carcerario lombardo: il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e i Servizi Sociali del Comune di Milano affiancano, con il loro riconoscimento, la Cooperativa Alice, implementandone una stretta collaborazione.

Un’ulteriore nota di rilievo è data dalla ormai comprovata “utilità” del progetto. Non soltanto sociale, ma da intendersi qui come una vera e propria “convenienza economica”. “Alice” è anche un’impresa a tutti gli effetti, impegnata nella ricerca del delicato equilibrio tra guadagno e responsabilità sociale.

E non è un caso che, al termine del periodo detentivo, molte sarte di San Vittore trovino lavoro presso imprese terze. La prova inconfutabile della validità del loro impegno e della competenza maturata nei giorni della pena. Insieme con una nuova forma di libertà.


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