E’ un dato di fatto che la società in cui viviamo è inserita e si sta via via inserendo sempre di più in uno scenario multietnico. Basta camminare per le strade di qualsiasi città o aprire il portone del proprio condominio per rendersi conto della pluralità di culture che circondano il nostro quotidiano. Sembra che ad averlo capito sia anche il Ministro Profumo che ha proposto di rivedere le ore di religione e geografia classiche dato l’elevato numero di studenti stranieri tra i banchi d’Italia.
All’inaugurazione dell’apertura al pubblico della biblioteca del Miur, il ministro, già alla ribalta per le critiche al concorso per docenti da poco indetto, ha osservato che “nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto. Ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione”.
La revisione dei programmi riguarderebbe in particolare lo studio di geografia, materia sfortunata tra i banchi liceali, “Ieri ero in una scuola con il 50% di alunni stranieri e mi hanno detto che imparano la geografia dai loro compagni che raccontano dei loro Paesi”.
Ma la frase che sta tuoneggiando tra le pagine dei giornali, anche dei più accreditati, è “rivedere i programmi di religione”, parole che, a detta dello staff di Profumo, “sono state estrapolate dal contesto. Non è un attacco all’ora di religione o quella di geografia, ma un’analisi della condizione attuale delle nostre scuole, dove ormai il 50% degli studenti è straniero. Il senso del ripensare l’ora di religione sta nell’includere, non nell’escludere. Quanto ha senso l’ora attuale considerando la realtà multietnica delle nostre classi? Non c’è il rischio di una ulteriore divisone? E’ su questo che si intendeva ragionare”.
Neanche il tempo di annusare la notizia che sono arrivati i primi commenti. Una tempesta di parole tra politici, politicanti e associazioni. “L’ora di religione non si tocca”, ha dichiarato la Lega, trovando il pieno accordo di Fioroni, deputato PD, nonchè ex ministro dell’istruzione, che telefona a Belpietro in diretta su canale5 dicendo “E’ un’affermazione priva di fondamento, i programmi vengono definiti in serie di una commissione bilaterale che hanno finito l’ultima revisione neanche un paio di anni fa. Ignora anche che gli studenti italiani hanno già la possibilità di chiedere un’ora alternativa”.
Opposta la reazione della senatrice radicale Donatella Poretti: “Ci piacerebbe ascoltare dal ministro che insieme alla revisione dell’ora di religione si avviasse un taglio ai fondi stanziati per le scuole private e confessionali, così come prevede la nostra Costituzione”. Ha aggiunto che è giusto rivedere i programmi “purchè sia chiaro che si deve passare dall’abolizione dell’esistente. Oggi nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici.”
D’accordo il dipietrista Pierfelice Zazzera, vicepresidente della commissione cultura della camera “Rivedere l’ora di religione è giusto ma non sufficiente: bisogna procedere al taglio dei fondi stanziati per le scuole private e confessionali”. E aggiunge “Ci auguriamo che le dichiarazioni del Ministro sull’ora di religione non siano un’arma di distrazione di massa, mentre è in arrivo il concorso”.
Contro il terribile scenario proposto si è rivoltata l’area cattolica del paese. “Non è di certo una lezione di catechismo – dichiara ai microfoni di Radio Vaticana Monsignor Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio – bensì una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice proprio nel cristianesimo”.
Il prelato trova immediatamente l’accordo della casiniana Paola Binetti “Oggi abbiamo più bisogno di religione, una religione insegnata meglio e testimoniata prima di tutto con l’esempio degli insegnanti. Chi non vuole, può sempre restare fuori dall’aula”.
Don Gabriele Mangiarotti, direttore di Cultura Cattolica risponde che “Profumo sbaglia nell’interpretare il valore dell’insegnamento della religione cattolica. La religione s’insegna a scuola non come ora di indottrinamento o di catechesi, ma per aiutare a comprendere una componente culturale della nostra storia e della nostra società. A maggior ragione se si vuole favorire l’integrazione di studenti di etnie e credi diversi, è giusto tutelare questo insegnamento”.
Mentre Orazio Ruscica, presidente dello Snadir (Sindacato autonomo degli insegnanti di religione) dichiara “il ministro ha firmato a fine giugno scorso le due intese riguardanti l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e le Indicazioni didattiche senza aver letto con attenzione ciò che ha sottoscritto”.
“Certo comprendiamo bene che il ministro voleva ingraziarsi la platea; e quale miglior argomento se non quello dell’insegnamento della religione cattolica?”. Ricorda poi al ministro che l’educazione multiculturale auspicata da Profumo è già prevista e attuata, sostiene lui forse con poca consapevolezza dell’effettiva situazione, dagli insegnati.
Il cardinale Gianfranco Ravasi presidente del Pontificio Consiglio per la cultura dichiara “E’ importante il rinnovamento della didattica nel metodo: il messaggio evangelico e i grandi insegnamenti cristiani vanno sempre insegnati, ma c’è spazio anche per un aggancio con il mutare della società e lo sviluppo dei tempi e della cultura”. In questo senso -sottolinea- ciò che ha detto il ministro Profumo può essere declinato“.
L’affermazione del ministro, che non era un invito ma uno stimolo alla riflessione, necessaria e forse addirittura tardiva, era stata già annunciata, in una forma diversa, alla festa di Sel venerdì scorso. “Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica”, iniziando a diventare il bersaglio preferito di moralismi incancreniti.
A chiosa della diatriba è bene riportare le parole di Hamza Piccardo, portavoce dell’Unione delle comunità Islamiche italiane (Ucoii) che apprezza le parole del ministro ma riconosce la difficoltà di attuazione in un paese come l’Italia. “Saluto con grande piacere le dichiarazioni del ministro, ma non nascondo le mie preoccupazioni sulle difficoltà che ci sarebbero ad attuarle. Il problema è di ordine ‘internazionale’ perchè l’ora di religione è decisa dal Concordato tra Italia e Stato del Vaticano. Il ministro ha aperto una pentola che ribolle”.
Luca Iacoponi
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