A scuola di solidarietà – Intervista a Eraldo Affinati


Una scuola senza voti, registri, classi e completamente gratuita. Così lo scrittore Eraldo Affinati racconta la Penny Wirton, un progetto destinato a chiunque voglia imparare la lingua italiana a Roma. Il target, inevitabilmente, sono gli stranieri: “Afgani, magrebini, bengalesi e slavi, solo per citare le etnie principali. C’è chi non ha mai preso in mano una penna, chi ha già una solida conoscenza della lingua madre e deve solo capire i meccanismi dell’italiano e chi è appena arrivato a Roma e non sa nemmeno come si saluta”. Per tutti loro la scuola, ospitata all’ombra dell’Aventino nella Basilica di San Saba, è sempre aperta. Intervista di Joshua Evangelista – Frontiere News per Paese Sera

Oltre alla Penny Wirton, lei insegna lettere nella succursale del difficile istituto tecnico “Carlo Cattaneo”. Perché ha deciso di riversare la sua esperienza di formatore e di “narratore sociale” nella fondazione di una scuola?

La Penny Wirton è senz’altro legata al libro “La città dei ragazzi”, dove racconto il mio viaggio in Marocco per riaccompagnare a casa due studenti arabi. Durante la presentazione del libro abbiamo trovato tante persone che avrebbero voluto fare il mio stesso percorso ed essere un supporto reale per i ragazzi  arrivati in Italia senza alcun riferimento. Così io e mia moglie abbiamo capito che il miglior modo per convogliare queste potenzialità sarebbe stato quello di fondare una scuola. Il nome è tutto un programma: Penny Wirton è il protagonista di una favola di Silvio D’Arzo, un ragazzo che non ha mai conosciuto suo padre ma che dopo alterne avventure riscopre la sua dignità. Oggi Penny si chiama Malik, Mustafà, Assad…

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Come nasce una scuola? 

All’inizio eravamo pochi volontari senza un posto dove insegnare. Non smetterò mai di ringraziare padre Stefano Fossi, un gesuita davvero speciale. Ha messo a disposizione la Chiesa di San Saba pur sapendo che le nostre lezioni non avrebbero avuto un’impronta confessionale. Da noi vengono a imparare l’italiano i musulmani, i cattolici e gli anticlericali. Con il passaparola sono aumentati alunni e docenti e ora stiamo stretti. Approfitto dell’opportunità che ci dà Frontiere News per chiedere ai lettori di aiutarci a trovare un posto più grande dove insegnare: non abbiamo nessun legame politico né finanziamenti pubblici. Anzi, le fotocopie ce le paghiamo noi.

Qual è il segreto per mantenere costante la motivazione dei volontari?

Bisogna essere portati, poi l’esercizio quotidiano fa il resto. Abbiamo ogni anno decine e decine di persone che si offrono per insegnare. E le attitudini pedagogiche sono insite anche in chi non ti aspetteresti mai. C’è una Roma pulita e solidale mimetizzata, di cui non si parla mai. Da noi vengono ingegneri, hostess, maestre in pensione ma anche tanti miei studenti. Stiamo parlando di ragazzi con una vita difficile, nel degrado di Ponte Galeria e Corviale. Come Luca, un pluri-ripetente che si è unito alla Penny Wirton: vedere lui, che aveva avuto anche attitudini neofasciste, insegnare a un coetaneo straniero il verbo essere è stato commovente.

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Come ogni scrittore lei si nutre di storie. Ce ne racconti due legate alla Penny Wirton.

Hafiz dormiva alla stazione Ostiense e portava il peso di un fratello morto in guerra. Non sapeva né leggere né scrivere. Eppure è uscito con 74 alla maturità, si è fidanzato e sta per iniziare Scienze infermieristiche. Poi c’è Nouz, un afgano che si è sposato e ha deciso di chiamare suo figlio Francesco. Quando me l’ha detto ho pensato che lo volesse dedicare a San Francesco. Ma lui, in un romanesco sconvolgente, mi ha risposto: “A’ professò, macché: Francesco come Totti”.


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