La Grameen Bank (dal bangalese “La banca del villaggio”) finanzia, dal 1976 (anno in cui Muhammad Yunus la fondò), la microimpresa, soprattutto quella al femminile, in Bangladesh, in India, negli stati del West Bengal e del Sikkim.
È considerata da tutti la banca “buona” e dei poveri, perché concede finanziamenti senza chiedere particolari garanzie collaterali, permettendo a moltissime persone di ottenere prestiti per acquisire attrezzature o animali per avviare piccolissime imprese locali. Una curiosa, ma importante caratteristica della Grameen, è che, oltre ad essere proprietà per il 6% del governo del Bangladesh, per il restante 94% appartiene agli stessi clienti finanziati, di cui la maggior parte sono donne. Nonostante sembri un metodo ad alto rischio, in realtà la banca del villaggio può vantare come tasso di rimborso dei prestiti il 98%. Cifra considerevole che non molte raggiungono.
Un insolito progetto che punta a combattere la povertà e a rilanciare l’economia proprio dal basso, invertendo il senso di marcia dell’economia, tanto da arrivare fino ad Oslo. Infatti, nel 2006 a Muhammad Yunus fu assegnato il premio Nobel per la pace proprio per tale progetto.
Ma è già da un pò che la banca naviga in acque torbide, o meglio, poco trasparenti. Infatti, dal 2011 la banca buona è sotto accusa per evasione fiscale e, per tale ragione, la Banca Centrale del Bangladesh ha deciso si sollevare Yunus dal suo incarico. Da molti tale manovra è letta in maniera strumentale e con implicazioni politiche. Infatti, si vocifera che la premier bangalese, Sheikh Hasina Wajed, non abbia mandato giù l’idea di Yunus di creare un movimento politico. Ma non solo. La stessa leader bengalese vorrebbe gestire la banca, facendo presagire il rischio di un cambiamento nella politica della banca e obliando quello che era l’intento principale della banca. “E’ una situazione difficile da gestire – ha commentato Yunus alla Clinton Global Initiative a New York, qualche tempo fa – se trasformeranno la Grameen in una banca governativa, ogni nostro sforzo andrà perduto”.
Al momento in molti stanno cercando di difendere la banca del “Robin Hood” asiatico. La stessa Hilary Clinton ha più volte tuonato contro queste manovre politico-finanziare, ma sembrerebbe senza particolari effetti. Ora ci prova anche l’Avaaz, comunità nata con lo scopo di perseguire un mondo democratico, (così si definiscono loro stessi) tentando una raccolta di firma per bloccare quello che sembrerebbe più che un controllo finanziario, un’usurpazione politica.
Annarita Tucci
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