IVIE, la tassa sugli immobili all’estero che rasenta la truffa – Firma la petizione

 

di Alex Bizzarri

Su Aavaz.org  si possono trovare le più disparate petizioni da sottoscrivere e firmare digitalmente, recentemente tra Leonardo DiCaprio che esorta a salvare l’oceano antartico e le Pussy Riots che necessitano di essere liberate per scongiurare uno scivolamento verso una nuova autocrazia russa, vi è una petizione che sta pian piano facendo breccia all’interno del sito attivista con oltre mille firme all’attivo.

Questa petizione mira ad eliminare l’ “IVIE” (Imposta sul valore degli immobili situati all’estero) , una tassa che colpisce chi risulta fiscalmente residente in Italia (italiani e stranieri) e possiede un immobile all’estero.

Il tema, che può diventare alquanto ostico e costringere il lettore a spolverare qualche manuale di diritto tributario, necessita di maggiore chiarezza, partendo innanzitutto dal concetto di residenza fiscale.

RESIDENZA FISCALE. Facendo riferimento all’articolo. 2, comma 2, del TUIR (Il testo unico delle imposte sui redditi) si può vedere come vengano considerati residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Non solo, salvo prova contraria, si considerano residenti in Italia i cittadini emigrati negli Stati o territori aventi un regime privilegiato individuati dal D.M. 4 maggio 1999 (la famigerata “black list”).

Per quanto riguarda il valore degli immobili situati in Paesi UE o in Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo (SEE) al fine della determinazione dell’imposta va considerato il valore catastale, come determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato ai fini dell’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale.
In mancanza di valore catastale si deve fare riferimento al costo risultante dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.

L’IVIE è dovuta nella misura dello 0,76% del valore dell’immobile determinato sulla base dei criteri citati, fatta salva l’esenzione dal versamento se il valore complessivo dell’immobile non supera euro 26.381.
Dall’imposta si detrae, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui è situato l’immobile e ad esso relativa.

DOPPIA TASSAZIONE. Ora che gli estremi dell’imposta sono chiari, cerchiamo di capire cos’è che fa infuriare gli utenti di Avaaz; secondo i firmatari della petizione questa imposta viola il divieto della doppia tassazione (nello Stato di residenza ed in quello estero) e introduce elementi di discriminazione tra i cittadini; come se non bastasse contrasta col principio di libera circolazione dei capitali e col principio di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea.
Le presunte discriminazioni di cui si fanno portavoce i membri di Avaaz sono molteplici, a partire dalla discriminazione in relazione al periodo d’applicazione, l’IVIE e l’IMU sono state infatti introdotte nell’ambito dello stesso decreto, avendo come oggetto lo stesso tipo di bene e la stessa aliquota ma mentre l’IMU è dovuta nel 2012 per l’anno in corso, l’IVIE è dovuta nel 2012 per l’anno precedente.

La seconda discriminazione riguarda la base imponibile, diversa per le sopracitate imposte, infatti, mentre l’IMU si applica al valore catastale, nel caso dell’IVIE la base imponibile è definita prendendo come riferimento il costo risultante dall’atto d’acquisto e in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile (mentre come abbiamo già detto, per gli immobili situati nei Paesi UE e SEE il valore di riferimento è quello catastale).

La terza discriminazione riguarda l’assente controprestazione da parte dello Stato Italiano; mentre per l’IMU parte del gettito è assorbito dai Comuni che con esso possono provvedere alla fornitura di servizi ai cittadini (strade, trasporti, illuminazione e altro), nel caso degli immobili all’estero tali servizi vengono già assicurati dai Comuni locali ai quali vengono corrisposti imposte ad hoc, all’IVIE quindi non corrisponde alcune controprestazione da parte dello Stato Italiano che si limita a riscuotere il gettito.

Un’altra discriminazione concerne la data d’acquisto dell’immobile; è palese che chi ha acquistato un immobile all’estero venti anni fa si troverà a pagare un’imposta irrisoria rispetto a chi ha acquistato lo stesso immobile in tempi recenti, le disparità persino per immobili pressoché identici possono presentarsi anche con un ordine di uno a venti.

Persino il presupposto soggettivo d’imposta è soggetto a discriminazione; in Italia sono soggetti all’IMU sia le persone fisiche sia le società e gli enti mentre pagheranno l’IVIE solo le persone fisiche. Il cittadino che ha acquistato un immobile all’estero e lo ha regolarmente dichiarato ora è tenuto a pagare questa imposta, mentre chi ha utilizzato società di comodo, magari acquisendo un gran numero di immobili, non dovrà nulla allo Stato italiano; uno dei punti più dolenti di questa imposta anche per lo Stato quindi, visto che “si farà scappare” ingenti quantità di imposta.

Un’ultima discriminazione riguarda il datore di lavoro cui fa capo il soggetto passivo d’imposta, ebbene sì, perché se quest’ultimo presta lavoro all’estero per lo Stato Italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa, per un suo ente locale o presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, allora beneficerà di agevolazioni appositamente istituite, lo Stato dimentica così la presenza di lavoratori all’estero freelance o alle dipendenze di imprese private.

A tutto questo va ad aggiungersi il sopracitato contrasto coi principi di libera circolazione dei capitali e dei lavoratori; è chiaro come l’importo esorbitante di questa nuova imposta falserà il mercato scoraggiando possibili scelte di investitori che potrebbero reputare non più conveniente acquistare immobili all’estero; per quanto riguarda la circolazione dei lavoratori invece, i cittadini stranieri saranno ostacolati e poco incentivati a trasferirsi in Italia se possessori di immobili all’estero.

Insomma le rimostranze del popolo della rete e di Avaaz in particolare sembrano fondate, c’è da chiedersi se un provvedimento simile è veramente necessario e se per salvare l’economia italiana sia assolutamente necessario spremere contribuenti deboli o possessori di immobili esteri, che quindi in qualche maniera sono già passati sotto un diverso spremiagrumi.

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