Sono durate poco meno di un anno le vessazioni perpetrate, in danno di una famiglia marocchina, da una signora torinese: veri e propri atti persecutori, di stampo razziale. Dalle prolusioni di insulti, commenti offensivi e disturbo nelle ore notturne, fino al gesto di “spruzzare” profumo il pianerottolo di accesso nella loro abitazione.
Dopo dieci mesi di attacchi discriminatori, il provvedimento del giudice: la signora dovrà lasciare il suo appartamento. La polizia municipale ha immediatamente notificato alla signora il provvedimento che le vieta di dimorare nell’appartamento vicino a quello della famiglia marocchina, composta da una coppia di coniugi e due bambini.
La richiesta, avanzata dal pm Francesco Saverio Pelosi, coordinatori, delle indagini, ha trovato accoglimento nel dispositivo del gip Luisa Ferracane, che ha deciso anche che la signora dovrà rispondere dell’accusa di atti persecutori, aggravati dall’odio razziale.
A seguito delle violenze subite, per il figlio maggiore della coppia, un bambino di soli cinque anni, si è reso necessario l’intervento di uno psicologo. Per mettersi al riparo dalla violenza psicologica della donna, gli immigrati non hanno avuto altra scelta se non quella di traslocare, abbandonando una casa di loro proprietà in favore di un alloggio in affitto.
Quella torinese sarebbe solo l’ultima, in ordine di tempo, di una lunga serie di aggressioni razziste: una “panoramica” è stata offerta dal Dossier Statistico di Caritas Migrantes, secondo cui nel 2011 nel 6,3% dei casi di razzismo, tutti denunciati all’ Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, riguardava i contesti privati, domestici. Liti o conflitti tra condomini o nell’ambito del vicinato o, ancora, tensioni legate alle condizioni di affitto le principali cause delle violenze.
Emilio Garofalo
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