Nozze gay, celebrate in un Paese estero. Coppie omosessuali formate da extracomunitari uniti in matrimonio con italiani: sono tutte fattispecie che, secondo il Viminale, possono consentire il rilascio del permesso di soggiorno. Recuperando una recente e nutrita giurisprudenza, lo Stato riconosce il diritto al documento in caso di unioni matrimoniali di persone delle stesso sesso.
La fonte del diritto è una circolare del ministero dell’Interno inviata, lo scorso 26 ottobre, alle questure di Pordenone e Firenze, su un caso specifico di concessione del permesso di soggiorno a un cittadino extracomunitario, che aveva contratto le nozze, in Spagna, con un cittadino italiano dello stesso sesso.
Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, firmando la direttiva, ha scelto di “riportarsi” alle recenti decisioni dei Giudici italiani, favorevoli, nella lettura del diritto, a un’interpretazione d’apertura. Infatti, poiché “la legislazione italiana non prevede alcuna legge che riconosca le unioni civili tra coppie omosessuali”, i tribunali italiani hanno “riempito” il vuoto normativo causato dalla “vacatio legis” scegliendo la soluzione dell’apertura.
Tra le sentenze più recenti, il ministero si è riportato a quella del tribunale di Reggio Emilia, che, in applicazione del decreto legislativo 30 del 2007, ha ritenuto oggetto dell’accertamento, ai fini della concessione del titolo di soggiorno, “la qualità di familiare”, e non lo status di coniuge del ricorrente.
O, ancora, alla sentenza 1328/2011 della Suprema Corte Cassazione, con la quale si è stabilito che “la nozione di coniuge deve essere determinata alla luce dell’ordinamento straniero in cui il vincolo matrimoniale è stato contratto. Per cui, lo straniero che abbia contratto in Spagna un matrimonio con un cittadino dell’Unione dello stesso sesso deve essere qualificato quale familiare ai fini del diritto al soggiorno in Italia”. E, infine, al disposto 138/2010 della Corte Costituzionale: all’unione tra omosessuali, va garantito “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia”.
Plaude alla svolta “di diritto” del Viminale l’associazione radicale “Certi Diritti 1”. A parlare è il segretario, Yuri Guaiana, secondo cui il riconoscimento supera la paralisi imposta dai veti del Vaticano e riporta al centro dell’attenzione il dibattito su quelle che sono le richieste europee in materia, nei confronti delle quali il Parlamento era sempre stato inadempiente, tanto quanto si era mostrato “indifferente al monito della Corte Costituzionale”.
Emilio Garofalo
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