Hamas ha vietato ai giornalisti palestinesi “ogni forma di lavoro o cooperazione con i media sionisti per via della loro ostilità”. Da quando, nel 2006, il governo israeliano ha proibito ai suoi giornalisti di entrare a Gaza per “motivi di sicurezza”, radio, giornali e tv hanno ricevuto le informazioni dai giornalisti palestinesi, o internazionali, che si trovavano sul luogo. Ne ha dato notizia il Guardian.
“E’ importante per gli israeliani capire le motivazioni e i comportamenti che ci sono dall’altra parte. E forse, è proprio questo il modo per costruire un ponte per il futuro – ha commentato Matan Drori, responsabile degli esteri del giornale Ma’ariv – Una decisione infelice, quella di Hamas, che comporterà solo un’ulteriore perdita di voce da parte degli abitanti di Gaza”.
Il quotidiano Ma’ariv ha ormai da cinque anni un corrispondente da Gaza. Negli ultimi diciotto mesi a ricoprire questo incarico è stato Sami Ajram che ha commentato la decisione di Hamas con molto disappunto: “Il pubblico israeliano deve sapere cosa succede a Gaza. Questa decisione non è un bene per la causa Palestinese, ma siamo sotto il regime di Hamas e Hamas è stato già criticato molto dai media israeliani e internazionali, quindi si vuole imporre un controllo. Arriveremo al punto in cui i giornalisti stranieri che criticano questo governo non saranno più i benvenuti qui”.
A spiegare meglio ciò che potrebbe davvero accadere, con questo divieto, è il venticinquenne Abeer Ayyoub, firma dell’israeliano Haaretz e dello stesso Guardian, che ha invitato Hamas a riconsiderare le sue posizioni.
“Ci sono due parti in questo conflitto, e ora entrambe le parti hanno copertura mediatica. Io stesso ho raccontato agli israeliani com’era la vita da questa parte della barricata – ha spiegato il giovane reporter – Se i media israeliani non avranno nessuno che gli racconta quello che sta succedendo a Gaza le cose cambieranno”.
Ed è questa la cosa che deve maggiormente preoccupare. È importante mantenere viva l’opinione pubblica dei diretti interessati nel conflitto, soprattutto ora che Israele ha acconsentito, dopo il blocco del 2007, di far entrare a Gaza materiali da costruzione come cemento e acciaio, fino ad oggi proibito in quanto “ipoteticamente utilizzabili per scopi militari”.
Nessuna risposta da parte di Hamas, che già era stato ampiamente criticato lo scorso anno da Human Rights Watch, a causa dei suoi atteggiamenti nei confronti dei giornalisti che avevano criticato il suo governo. “I giornalisti nella striscia di Gaza subiscono assalti, arresti e altre forme di molestie da parte delle autorità di Hamas”, scrivevano nel rapporto, riportando diversi esempi di giornalisti detenuti ingiustamente e di giornali chiusi senza motivazioni specifiche.
Ilaria Bortot
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