Russia, l’omofobia diventa legge di Stato. Vietato parlarne

La Russia non è un paese per gay. Da pochi giorni infatti, è stata varata la legge che vieta a livello nazionale la propaganda omosessuale (nel dicembre dello scorso anno l’omofobia era diventata legge in nove regioni). Con questa nuova legge, votata a maggioranza quasi assoluta dal Parlamento russo, da oggi sarà reato parlare in pubblico di diritti, amori e qualunque cosa sia inerente al mondo gay. Cosa di preciso possa rientrare nel termine di “propaganda” usato nella definizione della nuova norma è volutamente vago. Spetterà al giudice decidere se e come punire chi compie il reato con multe fino a quindici mila euro.

Nel mirino ovviamente, artisti, attori, cittadini, contestatori. Tutti quelli che esprimono una sensibilità alla questione omosessuale. Di conseguenza basta concerti, eventi, manifestazioni. A contestare questa legge, che tanto ricorda quella abrogata solo dieci anni fa e varata da Stalin nel 1934, dove si prevedevano cinque anni di carcere per il reato di omosessualità, solo un piccolo gruppetto dell’unico gruppo attivo e semiclandestino per i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, il Russian Lgbt Network.

In realtà, l’opinione russa pare rispecchiare la scelta del governo. In un sondaggio effettuato dal Levada Center il 65% dei russi è d’accordo col Parlamento e anzi, due terzi della popolazione pensa che l’omosessualità sia una malattia. Anche l’esercito si è schierato dalla parte della nuova legge, prendendo recentemente la decisione di radiare dal servizio militare chiunque venga considerato un “sospetto omosessuale”.

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Il commento di Putin è stato lapidario, e agghiacciante, “La Russia ha un problema demografico. Io ho il dovere di occuparmi dei diritti delle coppie che generano prole”.

Nemmeno i contestatori “storici” del Cremlino hanno alzato la testa. Il blogger Aleksej Navalnyj, voce fuori dal coro da sempre e contrario ad ogni decisione, o quasi, presa dal Parlamento ha preferito rimanere in silenzio sulla questione. L’unica voce che si è alzata dal coro è stata quella – per nulla politically correct – della scrittrice Ljudmilla Ulitskaja che ha definito la legge “medievale, che gioca sull’ignoranza di una popolazione che ancora è dominata da pregiudizi”.

Gia. Lanci di uova e arresti. La Russia non è un paese per gay. Né per chi protesta. La Russia è un paese per russi. Solo di un certo tipo però.

 Ilaria Bortot


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