di Manuele Petri
Camminando per Torpignattara si ha la sensazione di essere in una città multietnica europea. Su 50 mila abitanti il 25% è di origine straniera, con una forte predominanza delle comunità bangladesi e cinesi. Il quartiere, pur non essendo nel centro di Roma, è da sempre parte integrante dell’anima di questa città. E’ qui che nel 330 d.C. l’imperatore Costantino decise di erigere un mausoleo dedicato alla madre Elena. La struttura, ancora visibile seppur parzialmente crollata, nella volta superiore incorpora delle anfore (o pignatte): per questo il mausoleo fu ribattezzato “Torre delle pignatte” per poi trasformarsi nell’attuale nome della zona, Torpignattara. Gli abitanti vanno orgogliosi delle antiche origini del loro quartiere che si distingue dalle adiacenti periferie cresciute negli anni ’60 in quello che un tempo era l’agro romano. Come vanno orgogliosi della loro storia di resistenza contro l’occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale.
Tra queste strade Pasolini trovava ispirazione per raccontare la vita reale dei personaggi dei suoi film e dei suoi libri. Ed è proprio qui che la storia ha voluto di nuovo essere protagonista, trasformando una tipica borgata romana in un quartiere multietnico. A due passi dalla movida del Pigneto, le strade brulicanti di Torpignattara sembrano un laboratorio dell’Italia che verrà. Accanto alla popolazione italiana che ha un’età media molto elevata, convive una comunità straniera formata da tanti giovani e bambini. Sono loro che dal punto di vista demografico salvano il nostro Paese dalla crescita zero e che rilevano le attività commerciali destinate alla chiusura trasformandole in piccoli alimentari, call center o kebab bar. E sono loro a salvare dalla chiusura anche le scuole del quartiere: come la Carlo Pisacane, istituto elementare con 176 alunni di cui solo 40 hanno la cittadinanza italiana. Molti sono i bambini di seconda generazione nati in Italia e che per le nostre leggi risultano “stranieri”. Le classi di questa scuola sono una fotografia del mondo che vorremmo: aperto alla sfida della multiculturalità.
Naturalmente non mancano i problemi, legati soprattutto al taglio dei fondi destinati all’istruzione. Nell’ultimo anno l’istituto Pisacane è stato costretto a tagliare tutte le ore dei mediatori culturali, figure assolutamente indispensabili in una scuola che ospita alunni di 18 nazionalità diverse. “A causa di questo taglio alcuni bimbi, soprattutto cinesi, partecipano alle lezioni senza capire una parola. Il rischio concreto è che rimangano indietro rispetto ai compagni che parlano italiano”, afferma Giulia Pietroletti, rappresentante di “Pisacane011”, associazione che riunisce i genitori dei bambini che frequentano l’istituto. L’assurdo è che a causa del Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa, nella stessa scuola ogni classe ha 2 ore a settimana di insegnamento della religione cattolica a cui partecipano pochissimi bambini: la stragrande maggioranza degli alunni è infatti di un’altra religione. Queste sono le sfide della multiculturalità a cui una nazione civile dovrebbe rispondere. Sembra arrivato il momento di rivedere degli accordi che nella realtà creano delle situazioni surreali. Nella mensa, per esempio, la sfida è stata accettata: sono previsti 3 menu religiosi destinati a musulmani, sikh e induisti.
Un taglio netto hanno subito anche le lezioni di italiano per bambini stranieri (L2) finanziate con i fondi concessi per il Forte Processo Migratorio, che sono state ridotte a 40 ore annuali. “Nel nostro istituto abbiamo circa 20 bimbi che non parlano italiano a cui per il momento riusciamo a garantire un’adeguata formazione linguistica”, afferma la preside Stefania Pasqualoni, “Certo, con più fondi si potrebbe fare di più ma questo è un problema che riguarda tutte le scuole italiane”. Proprio per fare fronte a questa situazione i genitori dei bambini hanno creato l’associazione Pisacane 011 che tutti i venerdì dalle 16.30 organizza volontariamente attività di supporto didattico nei locali dell’istituto. Durante il doposcuola i bimbi i cui genitori non parlano italiano vengono aiutati a fare i compiti. Si organizzano inoltre giochi e attività che favoriscono l’integrazione tra i bambini e i genitori delle varie comunità.
L’obiettivo dell’associazione è ora quello di trovare degli insegnanti volontari per organizzare delle ore aggiuntive di insegnamento della lingua italiana L2. La Preside Pasqualoni ci tiene a sottolineare che nonostante le difficoltà “i risultati dei nostri alunni sono al di sopra della media nazionale sia in italiano che in matematica. Questo grazie alla didattica, all’impegno degli insegnanti e ad una naturale predisposizione dei bimbi che parlando 2 o 3 lingue hanno una maggiore elasticità mentale che rende loro più facile l’apprendimento”.
La facciata della scuola è emblematica rispetto allo stato dell’edilizia scolastica italiana: a prima vista l’edificio potrebbe sembrare abbandonato, non fosse per le urla e le risate dei bambini. “Siamo in attesa che i fondi per la ristrutturazione vengano sbloccati, sono mesi che sollecito le istituzioni”, conferma la Preside Pasqualoni. Uno Stato che non investe sul proprio futuro è uno Stato destinato a fallire: non a causa dello spread finanziario, ma a causa di uno spread culturale che già esiste nei confronti degli altri Paesi europei e che è destinato a crescere se non ci sarà un cambiamento di rotta.
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