“È una follia che i figli degli italiani non siano italiani”. Lo dichiarava Giorgio Napolitano già nel 2011. Solo una settimana prima, il Presidente della Repubblica aveva ricevuto una delegazione di “nuovi cittadini italiani” al Quirinale. Proprio a partire dalle affermazioni di Napolitano, la campagna nazionale L’Italia Sono Anch’io, promossa da 22 associazioni (tra cui Caritas, Libera, Legambiente, Cgil e l’editore Feltrinelli), ha lanciato una proposta di legge di iniziativa popolare sulle norme di cittadinanza, per lungo tempo dimenticata. Fino all’arrivo del neo-ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, che annuncia, in queste sue prime settimane di mandato, l’arrivo di un rivoluzionario ddl sullo ius soli, il diritto di cittadinanza in base al paese di nascita (in contrapposizione allo ius sanguinis, il diritto di cittadinanza per sangue, attualmente vigente in Italia). “È la società che lo chiede, il Paese sta cambiando”, ha dichiarato il ministro. Il calciatore Mario Balotelli ha risposto con entusiasmo all’idea di fare da testimonial, dicendosi “disponibile a ogni iniziativa o proposta che provenga dalle istituzioni tesa alla lotta al razzismo e alle discriminazioni”. Il perché dell’urgenza di un ddl sullo ius soli viene spiegato dalla Kyenge in un incontro con la sua Modena, dove la donna ha vissuto la maggior parte della sua vita in Italia. Durante il suo discorso nella città emiliana, il 4 maggio, il ministro senza portafoglio ha infatti ricordato che sono in gioco cifre altissime: “Dobbiamo riuscire a dare identità ai molti figli, sono un milione di bambini, di origini straniere, che ancora oggi attendono di avere la cittadinanza italiana”.
Il primo ministro nero nella storia del Belpaese ha parlato dello ius soli come una priorità del suo mandato finanche alla trasmissione InMezz’ora di Lucia Annunziata, in cui la Kyenge è stata bersagliata da una sfilza di domande imbarazzanti e discriminatorie. L’Annunziata ha iniziato il dialogo con la politica congolese, una delle donne del momento, con affermazioni seriamente preoccupanti: “La cosa più intrigante della sua biografia è che lei ha 38 fratelli” o “Lei è cattolica? Quanto?”. Scivolando agilmente tra una gaffe e l’altra, la giornalista campana ha infine toccato il fondo: “Lei dalla sua Africa si porta dietro una quota di non so, poligamia, animismo. Sa che questo diciamo potrà esserle imputato prima o poi”. Igiaba Scego, su corriereimmigrazione.it, scrive esasperata che l’Annunziata le ha rovinato la domenica. “Da donna nera e italiana mi sono sentita offesa…umiliata…presa in giro anche”. Cécile Kashetu Kyenge, tuttavia, ha risposto alle provocazioni mescolando ironia e serietà. Mostrando ammirevoli capacità diplomatiche, il ministro per l’Integrazione non ha abbassato il tiro, e si è detta determinata a portare a termine il suo disegno di legge.
Ius Soli vs Ius Sanguinis: cosa succede nel mondo
Lo ius soli puro vige negli Stati Uniti, così come in Argentina, Brasile, e Canada. In Francia è presente dal 1515 (addirittura nella forma del doppio ius soli). Forme regolamentate di ius soli sono presenti anche in Gran Bretagna e in Australia. Norme di cittadinanza basate sullo ius sanguinis, invece, sono presenti in molti paesi del mondo, come Turchia e Israele. Per quanto riguarda i 27 paesi europei, forme più o meno regolamentate di ius sanguinis sono presenti in Spagna, Portogallo, Germania, Irlanda. Tuttavia, la realtà italiana rappresenta una delle forme più rigide di ius sanguinis all’interno dell’UE, insieme a Grecia, Danimarca e Austria.
Caos in parlamento
Inaspettata e sconcertante la recentissima presa di posizione del presidente al senato Pietro Grasso. La seconda carica dello stato ha infatti dichiarato, ai microfoni di Radio Anch’io: “Il rischio è di vedere una gran quantità di donne venire in Italia a partorire solo per dare la cittadinanza ai propri figli”. Insorgono anche Pdl e Lega. Renato Schifani chiede al premier Letta di invitare i suoi ministri a una “maggiore cautela”, dichiarando: “L’eventuale creazione in Parlamento di maggioranze variabili su temi sensibili danneggerebbe il governo cui noi abbiamo dato la fiducia”. Dal canto suo Enrico Letta, ospite da Fazio a Che tempo che fa, dice di avere a cuore il problema (altrimenti non avrebbe “scelto la Kyenge per quel ministero”), ma che non è in grado di “fare promesse”. Lapidario il giudizio di Gasparri: “Il ddl sullo ius soli non sarà mai legge”. Intanto, La Lega Nord di Bologna lancia una raccolta firme di protesta.
Nonostante l’opposizione, continua a crescere l’appoggio a Kyenge e ius soli. La presidente della camera Laura Boldrini ha immediatamente annunciato il suo sostegno: “In Italia sarebbe veramente auspicabile rivedere la legge sulla cittadinanza, e da lì sviluppare una normativa che sia all’altezza delle nuove sfide”. Secondo Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil: “L’aggressione al ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge, sul tema della cittadinanza e dello ius soli è indice di un riflesso mai superato di una parte dello schieramento politico a usare l’immigrazione in termini demagogici e strumentali quando non palesemente razzisti”. Nello specifico, la sindacalista chiarifica: “Riconoscere i diritti di cittadinanza ai bambini nati e vissuti nel nostro Paese non è solo un atto di civiltà, ma un messaggio di fiducia e di futuro a un Paese che attraversa un momento drammatico. L’Italia infatti non può continuare a essere nella situazione paradossale di nascere e investire su ragazzi destinati a diventare ‘stranieri’”. La gran parte dei parlamentari Pd, intanto, sostengono la loro rappresentante, e in una nota incalzano: “La legge sulla cittadinanza a chi nasce nel nostro Paese va approvata. Lo ha rammentato spesso il capo dello Stato ed è materia che ci avvicina all’Europa”. Intanto la Kyenge batte la strada del dialogo, anche con il Pdl: “Mi piacerebbe che partisse un percorso di dialogo fra le diverse parti politiche sul punto dello ius soli. Il mio compito è dare a chi ha scelto questo paese la possibilità di fare fino in fondo il suo percorso migratorio”.
Non solo ius soli: cambio di prospettiva in materia di integrazione
Alla trasmissione InMezz’ora dell’Annunziata, una pacata e ferma Cécile Kyenge trova anche il tempo di affermare che la legge sul “reato di clandestinità”, all’interno della Bossi-Fini, va abrogata. Su questo punto nevralgico, la Kyenge sottolinea che l’ambito è di competenza del ministro Alfano, con il quale il ministero dell’Integrazione dovrà lavorare insieme. Sollecitata riguardo ai Cie, invece, Kyenge dice che la normativa europea a riguardo è stata interpretata in “modo sbagliato” dal nostro paese, dopo il recepimento tramite ratifica. Il ministro ricorda che la chiusura all’interno dei Cie è, stando alle direttive dell’UE, l’extrema ratio applicabile solo a persone pericolose per la società civile, non a minori, famiglie e altri individui fragili. Attualmente, l’Italia non rispetta il principio di non respingimento contenuto nell’art. 5 della direttiva europea. Un vero cambio di prospettiva. Sul tema delicato dell’accoglienza, a Modena la Kyenge dichiara che non ama parlare di “filtro”: “È un termine che mi spaventa. Il mio compito è dare a chi ha scelto questo paese la possibilità di fare fino in fondo il suo percorso migratorio”.
Rossella De Falco
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