La storia è di quelle surreali. Addai Richie Akoto viene dal Ghana, è operaio, padre di 4 figli e in Italia da 16 anni, si suda il salario all’Electrolux di Porcia, cuore industriale di Pordenone. Un quadro sociale sereno e un casellario giudiziale intonso; avrebbe tutti i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana. Tuttavia il condizionale è d’obbligo visto che la cittadinanza non riesce ad ottenerla. Le motivazioni non tardano ad arrivare e sanno subito di scherzo, di quelli che ti fanno dimenticare persino le battute di Calderoli e lo scandalo kazako (o kazakistano per dirla stile LaRussa).
Addai non sa infatti chi siano Alfano, Casini, Grillo o Di Pietro; tanto basta all’ufficio immigrazione della Questura di Pordenone per negare la naturalizzazione dell’uomo che tra le altre gravi colpe “conosceva i nomi di Monti e Napolitano ma non di Ciampi”. Non ci sono dubbi: deve essere respinto, così la relazione trasmessa alla prefettura finirà al Ministero dell’Interno mettendo fine alle speranze di Addai.
Sembrerebbe il destino di un perseguitato politico, ma non dalle autorità ghanesi dalle quali è scappato nel 1997 passando per la frontiera di Ventimiglia quanto da quei politici i cui dibattiti televisivi non ha tempo di sentire dovendo lavorare per mantenere la famiglia e gli studi dei figli. Famiglia che sarebbe espulsa insieme a lui qualora dovesse perdere il posto all’Electrolux, alla prese con 150 esuberi e con cassa e mobilità in scadenza a fine mese.
Tutto questo è irrilevante agli occhi della Questura di Pordenone che ci tiene invece ad accertare, come impone la legge, il suo livello di preparazione linguistico e culturale. Addai parla e legge bene in italiano “tuttavia ha una conoscenza storica, geografica e delle Istituzioni del nostro paese non sufficiente, confusa e lacunosa”; pare non ricordi le date delle feste nazionali confondendo quella della Repubblica con l’Unità d’Italia (istituita appena due anni fa). “Quanto alle istituzioni conosce i nomi di Napolitano e Monti, ma non di Ciampi e neppure la durata in carica del presidente della Repubblica che indica a vita”.
Ecco però la vera pietra dello scandalo: “Conosce il Parlamento e le due camere, alcuni partiti principali, ma ha sbagliato i leader del Pdl, non conosce Grillo né Casini e Di Pietro”. Inaccettabile: “si esprime parere sfavorevole”. Così un dirigente ha deciso il destino di un aspirante italiano e chissà quanti altri; perlomeno fino a luglio quando grazie anche ad un’interrogazione parlamentare di Sel, il Ministero è ricorso a più miti consigli. La legge sulla cittadinanza (L.91/1992) e la circolare con le procedure di concessione fanno riferimento a “principi fondamentali cui si ispira il nostro ordinamento”.
Tuttavia qualcuno sembra fare a modo proprio assumendo che esponenti dei partiti (e non delle istituzioni) siano parte dell’ordinamento. E che il destino crudele di un cittadino italiano sia di doverli conoscere uno per uno.
A due giorni dalla denuncia dell’incredibile storia, il Ministero dell’Interno ha fatto sapere che non ha tenuto conto del parere della questura di Pordenone, concedendo ad Addai Akoto la cittadinanza italiana. Lo conferma il vice questore di Pordenone, Manuela De Bernardin, secondo cui la richiesta è stata accolta e dovrà essere solo ufficializzata all’interessato che al momento non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione ufficiale. Per un caso che (forse) si chiude se ne aprono molti altri. Sembra infatti che siano centinaia le richiesta di cittadinanza non concesse con le stesse motivazioni date ad Akoto. Ci auguriamo che lo stesso metro di giudizio venga ora applicato anche a tutti gli altri cittadini stranieri in attesa di una risposta dalle istituzioni italiane, una risposta in grado di condizionare la loro vita e quella delle loro famiglie.
Alex Bizzarri
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