di Alessio Chen
Anche gli evangelici scendono in campo per migliorare la situazione legislativa italiani sugli immigrati. L’Alleanza Evangelica Italiana vuole offrire il proprio contributo basandosi su principi di “laicità, accoglienza ed equità verso i migranti”, come si legge in un comunicato.
A tal proposito l’AEI promuove i 12 referendum abrogativi presentati dai Radicali come escamotage per superare una pericolosa cultura italiana della delega e della deresponsabilizzazione. Il suo presidente Giacomo Ciccone invita tutte le altre forze sociali, religiose e politiche a prendere un’esplicita posizione in merito ai questi referendum. “L’apposita commissione Migranti dell’Alleanza – si legge nella nota – è arrivata a queste conclusioni applicando basi bibliche alle sollecitazioni del presente”.
Tra i 12 referendum abrogativi presentati dai Radicali ci sono due quesiti che interessano direttamente l’immigrazione e il miglioramento delle condizioni dell’ immigrato. Il primo quesito abroga l’articolo 10 bis del testo unico sull’immigrazione, introdotto il 15 luglio 2009 dal governo Berlusconi all’interno del suo pacchetto-sicurezza. L’art. 10 bis regola l’ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, condannandolo in quanto colpevole del reato di clandestinità e punibile con multe da 5.000 a 10.000 euro. Si tratta un reato inacettabile che, come affermano i promotori del referendum, “criminalizza una condizione e non una condotta” dello straniero.
Il secondo quesito riguarda la cancellazione degli articoli 4 bis e 5 bis del T.U. sull’immigrazione, meglio conosciuti come legge Bossi-Fini; questi articoli colpiscono l’immigrato in quanto la possibilità di ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, e di conseguenza restare nel territorio italiano, è subordinata alla stipula di un contratto di lavoro. La legge Bossi-Fini ha infatti costretto parecchie migliaia di immigrati al persistente ricatto dei loro datori di lavoro obbligandoli a svolgere lavori in nero e molto spesso al servizio della microcriminalità organizzata.
Come afferma il Dossier Caritas del 2012, nell’ultimo anno vi sono 263mila permessi di soggiorno non rinnovati, cifra che ha ben superato il numero dei permessi rilasciati. La legge Bossi-Fini ha difatti bloccato allo straniero la possibilità di rinnovare il suo permesso di soggiorno in assenza di un contratto di lavoro, creando delle condizioni di diseguale trattamento nei confronti dei dissoccupati stranieri. Dal momento che questi immigrati non ottengono un contratto di lavoro, essi rischiano di vivere in condizioni di clandestinità e quindi di essere espulsi dal paese. E ciò sebbene abbiano vissuno tanti anni in Italia, fondato nuclei familiari e si siano assimilati al contesto socio-culturale italiano.
Bisogna anche valutare il fatto che l’immigrato che effettua un lavoro in nero, in quanto non in possesso di un permesso di soggiorno regolare, crea perdite economiche a causa del mancato introito fiscale. La Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) stima che ogni immigrato regolare versa circa 6000 euro tra tasse e contributi nelle casse dello stato; ciò significa che la regolarizzazione dei circa 500 mila lavoratori non documentati possa favorire un incremento di tasse all’Agenzia delle Entrate pari a tre miliardi di euro l’anno.
La raccolta firme è cominciata già da metà giugno e durerà per tre mesi, termine ultimo per raggiungere le 500.000 firme necessarie alla presentazione dei referendum abrogativi. Per ulteriori informazioni circa le modalità di partecipazione come attivista o volontario per la campagna “Cambiamo Noi” si rimanda al sito www.cambiamonoi.it.
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