Per vari giorni centinaia di migranti hanno protestato per le strade di Lampedusa per chiedere asilo politico in altri paesi europei. Secondo il regolamento europeo Dublino II, “se il richiedente asilo ha varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro, quest’ultimo è competente per l’esame della sua domanda di asilo”. I migranti sono spinti dalla consapevolezza che in Italia vi sono procedure burocratiche inefficienti e che le condizioni di accoglienza nel nostro Paese rendono spesso le vite dei rifugiati poco dignitose.
Tutto ciò viene aggravato certamente dalle deplorevoli condizioni dei Centri di primo soccorso e accoglienza che, come nel caso di Lampedusa, ospita 950 migranti a fronte di un capienza massima di 350 posti. I migranti sono costretti a vivere in questi centri in condizioni spesso estremamente precarie e senza una prospettiva in quanto non vi sono disposizioni chiare in merito alla durata del trattenimento nei centri.
E’ proprio questo il motivo che ha fatto esplodere la disperazione dei migranti che il 20 luglio scorso hanno pacificamente espresso il loro dissenso per le strade dell’isola con lo slogan “No finger prints”. Tale slogan si riferisce esplicitamente alla identificazione tramite impronte digitali che automaticamente comporterebbe la richiesta di asilo alle autorità italiane. La manifestazione ha ricevuto un forte sostegno non solo dagli organizzatori e dai volontari dell’evento, ma anche dal pubblico del Festival di Lampedusa e da esponenti delle istituzioni civili e religiose.
Secondo il comunicato dell’associazione culturale lampedusana “Askavusa”, durante la protesta i rappresentati della polizia hanno promesso ai migranti che sarebbero stati trasferiti il giorno dopo a patto di rientrare nei centri. I migranti però hanno chiesto di essere trasferiti tutti insieme e hanno in seguito continuato la protesta per tutta la notte, assistiti dagli operatori del Praesidium (di cui fanno parte UNHCR, OIM, Croce rossa e Save the children) e dalla generosità di alcuni cittadini che hanno distribuito loro acqua e frutta.
Nel comunicato l’associazione Askavusa non solo denuncia la precaria situazione dei migranti che arrivano sulle coste italiane, ma vuole enfatizzare una situazione tragica, cioè quella rappresentata dalla gestione ordinaria delle migrazioni in Italia come un’emergenza permanente. Questa situazione viene inasprita dallo stereotipo di Lampedusa come “vetrina della retorica dell’invasione e dello scontro culturale e la conseguente legittimazione delle politiche repressive e di respingimenti”. L’associazione denuncia il paradosso di una politica di chiusura delle frontiere che spesso identifica il migrante come responsabile del fallimento del sistema economico globale.
Con un messaggio chiaro e forte l’associazione lampedusana chiede alle autorità di rispettare l’equilibrio socio-economico della comunità locale attraverso la riforma di un sistema di accoglienza che ponga fine alla detenzione dei migranti. In questo caso ci sarebbe bisogno inevitabilmente di una revisione del regolamento europeo di Dublino II che possa portare ad una solidale ed equa cooperazione tra gli stati membri dell’Ue. Si tratta quindi di un invito ad un esame di coscienza tale da dar vita a nuove iniziative politiche di gestione della mobilità degli esseri umani, garantendo loro sempre e comunque il rispetto dei diritti di dignità e di libertà personale.
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BASTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! NON SE NE PUò PIù DE STI IMMIGRATI, L’ ITALIA è UN PAESE CHE STA PER ESSERE COLONIZZATO!!!! METTESSERO LA MARINA IN ASSETTO DA GUERRA AL CONFINE DELLE ACQUE ITALIANE.