Nelle “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”, meglio conosciuto come il “decreto del fare”, c’è anche un articolo che si occupa di semplificazione del procedimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana per i figli di stranieri nati in Italia. Per la prima volta questi soggetti potranno vedersi riconosciuti i propri diritti senza subire condizionamenti causati da errori commessi dai propri genitori o dalla Pubblica Amministrazione. La precedente normativa (art. 4 delle “nuove norme sulla cittadinanza”), datata 1992, garantiva infatti l’acquisizione della cittadinanza italiana per volontaria dichiarazione solo a chi entro un anno dal compimento della maggiore età fosse riuscito a dimostrare di aver avuto per tutta la propria vita la residenza legale nel nostro Paese. Questo ha comportato non pochi problemi ai possibili nuovi cittadini italiani in quanto spesso i loro genitori, per brevi o lunghi periodi, non avevano posseduto un regolare permesso di soggiorno con la conseguenza che i figli non potevano essere iscritti all’anagrafe e quindi avere una residenza legale.
L’art. 33. del “decreto del fare” risolve questo problema dando la possibilità al cittadino che hanno compiuto la maggiore età di ottenere la cittadinanza mediante la presentazione di qualsiasi altra documentazione idonea a dimostrare la residenza in Italia. E’ un piccolo passo nella direzione di una possibile futura riforma della legislazione concernente la cittadinanza, che allo stato attuale non riflette la realtà multiculturale dell’Italia contemporanea. L’art. 33 del decreto sancisce, inoltre, il diritto ad essere informati su questa possibilità in quanto gli Ufficiali di Stato Civile d’ora in poi saranno tenuti a comunicarlo ai diretti interessati al compimento del diciottesimo anno di età. Qualora il neo-maggiorenne non dovesse essere informato su questo suo diritto, egli potrà in ogni caso esercitarlo anche dopo il 19° anno di età.
Pur essendo il decreto entrato in vigore al momento della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2013, le norme sono comunque da considerarsi ancora provvisorie. Questo perchè, come sottolinea anche l’Associazione per gli Studi sull’Immigrazione, i decreti perdono la loro efficacia se non vengono convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro pubblicazione. Nella speranza che il Parlamento converta il prima possibile il decreto, questo è sicuramente un primo passo di civiltà che semplifica l ’iter burocratico degli italiani di prossima generazione e va nella direzione di un cambiamento delle politiche di cittadinanza. Anche in considerazione del sentire comune degli italiani che, secondo un recente sondaggio, per il 70% sarebbero favorevoli al riconoscimento immediato della cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia (sondaggio IPSOS per Ballarò).
di Alessio Chen
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