“The Mission” su Rai Uno, il reality ‘umanitario’ con l’Unhcr

Medici Senza Frontiere aveva recentemente pubblicato i dati di un sondaggio sulle crisi umanitarie dimenticate dai media italiani. Questo ci aveva mostrato come nel 2012 soltanto il 4% dei servizi televisivi italiani fosse stato dedicato alle crisi umanitarie contro un 63% della popolazione italiana che desidera ricevere maggiori notizie riguardo a temi così sensibili ed importanti.

La Rai sta per lanciare un nuovo programma televisivo, “The Mission”, che si prefigge di rendere felice la popolazione più indigente. Il programma in particolare intende proporsi come mezzo di pubblicità della causa dei più emarginati nonché modo per creare maggiore consapevolezza negli spettatori. Il reality “umanitario”, realizzato in collaborazione con Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) e l’organizzazione umanitaria Intersos, andrà in onda dal prossimo autunno in prima serata su Rai Uno.

Secondo Laura Lucci, responsabile dell’Unhcr, il programma serve a far comprendere al pubblico chi sono i rifugiati, a far conoscere la loro storia e i motivi della loro fuga dai loro paesi natali. Il reality servirà a rafforzare la consapevolezza che nel mondo vi sono più di 40 milioni di rifugiati che spesso restano nei campi profughi per vent’anni vivendo in precarietà e senza beni di prima necessità. La stessa responsabile sostiene inoltre che la Rai sta puntando non sul solito programma di intrattenimento, ma su un reality che privilegia l’informazione. Il pubblico  potrà così vedere come funzione una scuola, come sono i servizi sanitari e la distribuzione dei pasti in un campo profughi.

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Se da una parte i Vip possono essere testimoni di una situazione di disagio cronico, rapprasentato da quello del rifugiato politico, dall’altra si pensa che alla tragica e drammatica realtà di questa popolazione sia data una importanza relativa o addirittura questa sia presa sotto gamba. Per prevenire l’esistenza di logiche esterne o la spettacolarizzazione di questa crisi umanitaria, l’Unhcr assicura che saranno raccontate solamente le storie di coloro che decidono di essere riprese dalle telecamere. Si tratta pertanto di una garanzia affinché disperazione di queste persone possa essere ascoltata ma nel pieno rispetto della loro privacy e libertà personali.

L’accrescimento di consapevolezza e la narrazione di storie intime dei rifugiati aiutano a rendere l’opinione pubblica più aperta e sensibile su temi quali l’immigrazione clandestica e i motivi che spingono i disperati alla ricerca di una vita migliore attraversando il Mediterraneo. Un reality che mostra la vita quotidiana di una popolazione agli estremi del disagio può forse aiutare anche noi, rinchiusi spesso nel vortice dell’indifferenza e del razzismo. Tuttavia permane una domanda etica, che è probabilmente giusto porci: può un tale reality show essere oggetto di lucro da parte della Rai e dei Vip protagonisti?

Ci auguriamo che ciò non accada e che l’informazione sulle crisi umanitarie non si basi soltano su un reality, piuttosto questi devono costituire una nostra normale quotidianità.

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Alessio Chen


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