Con 43 voti a favore e 40 contro, il 24 giugno il Knesset israeliano ha dato il primo via libera al cosiddetto Prawer Plan, un piano discriminatorio che prevede la confisca dei territori arabi beduini nel Negev (Naqab), il trasferimento coatto di 40.000 beduini del deserto e la demolizione di 36 villaggi in cambio di risarcimenti (leggi il testo completo).
Si tratta di una vera e propria deportazione della comunità beduina verso moderne baraccopoli, agglomerati urbani che porterebbero certamente alla fine del tradizionale stile di vita beduino. I risarcimenti previsti dal governo sono irrisorie somme di denaro che non solo non basterebbero a dare sostentamento in città alle famiglie che vivono nell’area del deserto, ma ucciderebbe definitivamente lo stile di vita beduino, fatto di pastorizia e agricoltura.
I beduini che potranno dimostrare di possedere effettivamente la terra confiscata saranno risarciti della metà del valore di essa: vale a dire che se una famiglia beduina possiede 100 dunam di terra (un dunam equivale a mille metri quadrati), sarà risarcita soltanto di 50 dunam per stabilirsi in un’area a scelta di Tel Aviv. Le famiglie che invece non riusciranno a dimostrare la proprietà della terra che reclamano saranno comunque risarcite, ma soltanto di 5.000 shekel (circa 1.000 euro) per dunam. Il problema è che nelle aree urbane di Tel Aviv e nelle nuove città in cui Israele chiuderà i beduini, un dunam di terra costa 30.000 shekel.
I beduini del Negev abitano quell’area dal VII secolo e sono la comunità più debole del paese. Dalla creazione dello stato ebraico sono diventati cittadini israeliani, ma i 45 villaggi in cui vivono sono considerati “non riconosciuti” ufficialmente da Israele che non riconosce il loro diritto alla terra e pertanto li considera intrusi sulle terre dello stato. Per questo motivo lo stato non concede loro numerosi servizi e infrastrutture essenziali: l’acqua, l’elettricità, le fognature né la costruzione di strutture scolastiche e mediche. Oggi i beduini israeliani vivono per il 50% al di sotto della soglia di povertà in standard di vita tra i più bassi del paese.
Nell’ultimo mese sono state molte le proteste, indette soprattutto da High Follow-Up Committee for Arab Citizens of Israel, un’associazione che riunisce Ong e partititi politici e che considera il Piano Prawer un “proseguimento della Nakba”, la “Catastrofe” del 1948, quando circa 750mila palestinesi furono espulsi o costretti dalla guerra a lasciare le loro case e le loro città. Se il parlamento israeliano approverà definitivamente il disegno di legge sarà la fine per intere comunità beduine che saranno costrette a lasciare le loro case e il loro stile di vita, ma allo stesso tempo rappresenterà anche la più grande campagna di pulizia etnica contro il popolo arabo dal 1948.
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